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II

Senso allegorico

«Per me si va nella cittá dolente». Nel principio del presente canto si continua l’autore alle cose dette nella fine del precedente, lá dove disse, per le vere dimostrazioni fattegli dalla ragione, sé avere la viltá dell’anima posta giuso e essersi ritornato nel proponimento primo, e cosí, dietro alla ragione, essere rientrato nel cammino da dovere poter pervenire allo stato della grazia, e quindi ad eterna salute, come disiderava;. e camminando mostra sé alla porta dello ’nferno essere pervenuto. E sono intorno al senso allegorico di questo canto da considerare tre cose: la prima è quello che l’autore voglia intendere per questa porta; la seconda, come si conformi il supplicio dato a’ cattivi con la colpa loro; la terza, quello che l’autore voglia sentire per lo fiume d’Acheronte e per lo nocchiere, ed, oltre a ciò, per lo accidente a lui avvenuto: e, queste vedute, assai convenientemente s’avrá il senso allegorico veduto del presente canto. Avendo adunque riguardo a parte delle parole scritte sopra la porta, la quale l’autor discrive, e alla ampiezza di quella, e similmente all’averla senza alcun serrarne trovata, possiam comprendere quella essere la via della morte; conciosiacosaché il Nostro Signore dica nell’Evangelio: «Intrate per angustam portavi, quía lata et spatiosa via est quae dur.it ad perditionem, et multi sunt qui intrant per eam»; e cosí per questa via il peccato ne mena a dannazione eterna. Ed è questa via ampia, a farne chiari agevol cosa essere il peccare, e quello essere assoluto da ogni strettezza di regola; il che delle virtú non avviene, le quali sono ristrette e limitate dalli loro estremi. L’essere senza alcun serrarne, ne mostra assai chiaro in ogni ora, in G. Boccaccio, Scritti danteschi - 1. 17