Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/233

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che, al tempo del diluvio il quale fu in Tessaglia a’ tempi del re Ogigio, si trovò in Creti un mercatante, il quale ebbe nome Iasonio; e questi essendo molto ricco, e avendo, per la fertilitá stata il precedente anno, trovata grandissima copia di grano, e quella comperata a quel pregio che esso medesimo aveva voluto; udendo il diluvio stato in Tessaglia, e come egli aveva non solamente guasti i campi e le semente del paese, ma ancora corrotta ogni biada, la quale per i tempi passati ricolta vi si trovò, e i circustanti popoli esserne mal forniti a dover potere sovvenirne quegli delle contrade dove stato era il diluvio; ► caricati piú legni di questo suo grano, lá navicò, e di quello ebbe da’ paesani ciò che egli addomandò; e in questa guisa, ispacciatol tutto, fece tanti denari, che a lui medesimo pareva uno stupore: e in questa maniera di Cerere, cioè del suo grano, generò Plutone, cioè una smisurata ricchezza. E in questo luogo si pone Plutone, per lo quale s’intendono le ricchezze mondane, a tormentare coloro che quelle seppero male usare, si come appresso apparirá; e perciò assai convenientemente qui si potrebbe di questo Plutone intendere.] [Ma, come di sopra dissi, molto meglio si conformerá al bisogno questo altro, del quale si legge che Plutone, il quale in latino è chiamato Dispiter, fu figliuolo di Saturno e della moglie, il cui nome fu Opis, e come altra volta giá è detto, nacque ad un medesimo parto con Glauca, sua sorella, e occultamente, senza saperlo Saturno, fu nutricato e allevato. Costui finsero gli antichi essere re dello ’nferno, e dissero la sua reai cittá esser chiamata Dite, della quale assai cose scrive Virgilio nel sesto dell’ Eneida quivi: Respicit Aeneas subito et sub rupe sinistra moenia lata videt, ecc.

E appresso a Virgilio, discrive la sua corte e la sua maestá > Stazio nel suo Thebaidos, dicendo: Forte sedens media regni infelicis in arce dux Herebi populos poscebat crimina vitae, nil hominum miserans iratus et omnibus umbris: