Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/151

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nel Paradiso manifestissimamente appare; ma, dovendo questo error recitare, ha qui usata una cautela poetica, la quale è che quante volte i poeti voglion porre una opinione contraria alla veritá, essi si guardano di recitarla essi in propria persona, ma inducono alcun altro, e a lui, si come quello cotale, ch’è indotto, tenesse, la fanno raccontare. Il che Virgilio fa in alcun luogo: percioché, volendo d’una opinione, la quale esso non teneva esser vera, compiacere a’ romani, li quali al suo tempo erano nel colmo della loro grandezza, egli nel primo libro delX Enei da induce Giove (non quel Giove, il quale esso alcuna volta vuole intendere per lo vero Iddio, ma quello che i gentili scioccamente credevano essere iddio), e dice che, parlandogli Venere, sua figliuola e madre d* Enea, si come sollecita degli avvenimenti d’Enea (il quale era dalla fortuna del mare, volendo venire in Italia, dove doveva essere il regno di lui e de’ suoi successori, trasportato in Cartagine), tra l’altre cose le risponde cosi: His ego nec metas rerum, nec tempora pono: imperium sine fine dedi, ecc.; e non si cura Virgilio di far mentitore costui, il quale egli avea per iddio falso e bugiardo. Ma in quelle parti ove essi vogliono quello ch’essi estimano esser vero, essi in propria persona il profferano, si come Virgilio medesimo fa sopra questa medesima materia dello ’mperio de’ romani, toccando alcuna cosa intorno alla fine del secondo della Georgica, dove dice: Illuni non populi fasces, non purpura regum Flexit, ecc. Non res’ Romanae, perituraque regna (supple) Romana, ecc. Il quale imitando l’autore, come in assai altre cose fa, fa a questo spirito dannato raccontare questa opinione erronea; e ciò non fa senza cagione, ma il fa, volendo con questa opinione ritrar coloro, che l’udiranno, dal detestabile peccato della disperazione; percioché assai volte avviene gli uomini, piú per paura della pena che per amor della virtú, guardarsi dalle cose scellerate.]