Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/160

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antichi cittadini in questo volere, essendo imperador Carlo magno, mandarono chi supplicasse in lor nome, e allo ’mperadore e al popolo di Roma, che con la lor forza la cittá antica si potesse rifare. Ottennero la dimanda loro, e, oltre a ciò, scrive Giovanni Villani che i romani mandarono molti nobili della lor cittá a doverla riabitare; e cosi con la forza dello ’mperadore e de’ romani, e ancora de’ discendenti degli antichi cittadini, che tutti a ciò concorsero, fu «sopra il cenere», cioè sopra l’arsioni rimase d’Attila, reedificata Firenze, e abitata l’anno di Cristo ottocentodue, all’entrata del mese d’aprile.] Ultimamente questo spirito, avendo dimostrato di qual cittá fosse, dice di che morte s’uccidesse, dicendo: «Io fe’ giubbetto». cioè forche, «a me delle mie case», — e cosi mostra s’impicasse per la gola nella sua medesima casa: la quale dice avere a sé fatto «giubbetto», percioché cosi si chiama a Parigi quel luogo dove i dannati della giustizia sono impiccati. Né è costui dall’autor nominato, credo per l’una delle due cagioni: o per riguardo de’ parenti che di questo cotale rimasero, li quali per avventura sono onorevoli uomini, e perciò non gli vuole maculare della infamia di cosi disonesta morte; ovvero, percioché in que’ tempi, quasi come una maladizione mandata da Dio, nella cittá nostra piú se ne impiccarono, accioché ciascun possa apporlo a qual piú gli piace di que’ molti.