Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/215

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[Ora, come io ho detto de’ poeti, cosi intendo di qualunque altro componitore in qualunque altra scienza o facultá, percioché ciascuno meritamente nelle sue opere vive.] E questa è quella vita nella quale ser Brunetto Latino dice che ancor vive, cioè nella composizion del suo Tesoro, avendo per morte quella vita nella quale vive lo spirito suo. Poi segue: «e piú non cheggio»;— quasi dica: questo mi sará assai. «Poi si rivolse», detto questo, «e parve di coloro, Che corrono a Verona ’l drappo verde Per la campagna». Secondo che io ho inteso, i veronesi per antica usanza fanno in una lor festa correre ad uomini ignudi un drappo verde, al qual corso, per téma di vergogna, non si mette alcuno se velocissimo corridor non si tiene; e, percioché, partendosi ser Brunetto dall’autore, velocissimamente correa, l’assomiglia l’autore a questi cotali che quel drappo verde corrono: e, accioché ancora piú veloce il dimostri, dice: «e parve di costoro», cioè di quegli che corrono, «Quegli che vince», essendo davanti a tutti gli altri, «e non colui che perde», rimanendo addietro. L’allegoria del presente canto, cioè, come la pena, scritta per l’autore che a questi che peccarono contra natura è data, si conformi con la colpa commessa, si dimostrerá nel diciassettesimo canto, dove si dirá di tutta questa spezie de’ violenti.