Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/227

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fossi stato dal fuoco coperto», che non mi fosse potuto cadere addosso, «Gittato mi sarei», dell’argine, «tra lor di sotto, E credo che ’l dottor l’avria sofferto», considerando che essi erano uomini da dovere onorare. «Ma, perch’io mi sarei bruciato e cotto», gittandomi tra loro, «Vinse paura», ritenendomi, «la mia buona voglia, Che di loro abbracciar mi facea ghiotto», cioè disideroso. «Poi cominciai: — Non dispetto», che io abbia di vedervi, con tutto che voi siate cosi cotti e pelati, «ma doglia La vostra condizion», ora cosi afflitta, «dentro mi fisse, Tanto, che tardi tutta si dispoglia», cioè mai da me non si partirá. E questa cotal doglia si fisse in me, «Tosto», cioè incontanente, «Che questo mio signor mi disse Parole, per le quali io mi pensai, Che qual voi siete, tal gente venisse», cioè degna d’onore. E le parole, le quali dice che Virgilio gli disse, son quelle di sopra, dove dice: «A costoro si vuole esser cortese», ecc. Poi che l’autore ha detto questo, rispondendo a ciò che messer Iacopo aveva detto («E se miseria d’esto luogo sollo», ecc.), ed egli risponde alla domanda fatta da loro, nella quale il pregano che dovesse lor dire se egli era della lor cittá, e dice: — «Di vostra terra sono», cioè della cittá vostra, «e sembrami L’ovra di voi» laudevole (non il peccato), «e gli onorati nomi», percioché veduti non gli avea, ma uditi ricordare, «Con affezion ritrassi ed ascoltai», da coloro li quali gli sapevano e che ne ragionavano. E, detto questo, dice loro quello che va per quel cammin facendo: «Lascio lo fèle», cioè l’amaritudine del mondo, o piú tosto quella amaritudine che per li peccati séguita a coloro che del peccare non si rimangono; la qual cosa esso faceva, dolendosi delle sue colpe e andando alla penitenza; e però segue: «e vo pe’ dolci pomi», della beata vita, «Promessi a me per lo verace duca», cioè Virgilio (quando gli disse nel primo canto: «Ond’io, per lo tuo me’, penso e discerno», ecc.); «Ma fino al centro», della terra, cioè infíno al profondo dello ’nferno, «pria convien ch’io tomi», — cioè discenda. La cagione perché ciò gli convenga fare, è piú volte nelle cose precedenti stata mostrata.