Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/287

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i° Autografo del Boccaccio, tal quale è presumibile che fosse nella sua prima stesura, con le inevitabili correzioni, sostituzioni ed aggiunte interlineari o a margine o in calce di uno scritto di primo getto; e inoltre con molti rimandi ad altri scritti, specialmente propri, con pensieri e ragionamenti svolti soltanto parzialmente o accennati per tracce e sommari, dato che lo scopo era di preparazione a pubbliche lezioni; 2 0 Integrazione del materiale di detto autografo (che s’è poi risoluta in rimaneggiamento di molte parti, con grande accrescimento di mole), eseguita con le qualitá di un ecclesiastico maestro di scuola, non privo di cultura, ma scarso d’ingegno: un letterato mediocre. Potrá o no dimostrarsi che costui fosse quello stesso frate, di cui è fatto il nome nella rubrica iniziale di R: «Esposizioni sopra a Dante per lo egregio dottore maestro Grazia dell’ordine di santo Francesco» ( 0. Potrá discutersi se le sue intenzioni siano state oneste (e pur non commendabili!), quali io le credo, giudicando il suo lavoro un esercizio letterario svolto con assiduitá, con ritorni, forse in relazione con la sua professione d’insegnante. Difatti, quant’è alle sue intenzioni, se nel testo del Contento, qual è venuto a risultare dopo il rifacimento, si ritrovano noti ricordi personali del certaldese, che non è ammissibile che questi sia tornato a redigere in quella forma (avendoli altrove espressi nello stile suo proprio); ci son pure altri ricordi personali che non possono essere del Boccaccio, né a lui da un falsario, che non fosse del tutto sciocco o dimentico, attribuiti. A p. 78 del voi. II di questa edizione si legge: «E se io ho il vero inteso, percioché in que’ tempi io non era, io odo che in questa cittá avvenne a molti nell’anno pestifero del milletrecentoquarantotto che, essendo soprapresi gli uomini dalla peste e vicini alla morte, ne furon piú e piú, li quali de’ loro amici, chi uno e chi due e chi piú ne chiamò, dicendo: — Vienne, tale e tale — de’ quali chiamati e nominati, assai, secondo l’ordine tenuto dal chiamatore, s’eran morti e andatine appresso al chiamatore». Or qui scelga pure il lettore tra la lezione «non era» e quella «non c’era», ammesse entrambi dai codici ( 2 ); spieghi come vuole lo strano errore, per cui, invece di 1348, vi si legge 1340: in definitiva (1) La rubrica è di altra mano, ed è posteriore, ma del sec. XV. (2) Mi e S leggano «non era» (M 1 è stato poi corretto da mano piú recente); R legge «non c’era»; in M 2 il passo cade nella lacuna segnalata di sopra.