Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/35

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all’autore fu vietata, percioché nel vizio della ostinazione non era venuto. E cosi, parendo a’ ministri del doloroso luogo lui non dover venire per rimanere, come gli altri facevano che v’entravano, non fu voluto ricevere, ma essere alla ragione e a lui stata serrata la porta non di Dite, ma de lo ’ntelletto, da’ loro avversari, li quali con ogni lor forza e con tutto il loro ingegno adoperano che alcuno conoscer non possa quello, che, conosciuto, gli sia cagione di schifare la sua perdizione, e quel seguire che sua salute sia. Ché per altro non si curerebbe il demonio che l’uomo conoscesse il vizio e ancora la pena apparecchiata a quello, se non fosse che vede che, per lo conoscere, l’uomo si guarda di non cadere, e diviene piú costante contro alle sue tentazioni; e non conoscendolo ancora, e non essendo tanto pienamente informato, quanto bisogno fa a ciascuno che intera contrizion vuole avere, e per conseguente pervenire ben disposto alla confessione; s’ingegna di doverlo far cadere nella ostinazione, accioché piú avanti non vada a quello che sua salute può essere. E percioché negli animi, li quali sono in pendulo e spaventati, piú leggiermente s’imprieme questa maladizione, cioè l’ostinazione, vegnono le tre furie infernali orribili a vedere, e con pianti e con rumore è da loro chiamato il Gorgone, cioè la ostinazione, cioè per quegli rumori s’ingegnano d’occupare con questo vizio il petto dell’autore: ma per l’opera e dimostrazione della ragione ciò non avviene, anzi piú tosto è da lui la sua origine conosciuta e dimostrata a noi. [Alla qual dimostrazione voler con minor difficultá comprendere, è da vedere chi fossero queste tre furie infernali, i nomi loro e’ loro effetti, secondo che sentirono gli antichi poeti. Furono dunque, le furie, tre, e, secondo che pare che tutti tengano, furono figliuole d’Acheronte, fiume infernale, e della Notte; e che esse fossono figliuole d’Acheronte il testimonia Teodonzio; e che esse fossero figliuole della Notte, appare per Virgilio, il quale, cosi scrivendo, il dimostra; Dicuntur geminae pestes, cognomine Dirae, quas et Tartaream nox intempesta Megaeram uno eodemque tulit parta, ecc.