Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. III, 1918 – BEIC 1759627.djvu/54

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Mediterraneo, il quale i greci chiamano Tirreno. E questa terminazione è secondo il presente tempo; perciochfe anticamente essa si stendeva, passato il monte Appennino, infino al mare Adriano: ma di quindi i galli, li quali seguir Brenno, cacciarono i toscani, e mutaron nome alla provincia, e chiamaronla Gallia.] [E fu Toscana, secondo che alcuni antichi scrivono, primieramente abitata da certi popoli li quali si chiamarono lidi, li quali, partendosi d’Asia minore, di dietro a due fratelli, nobili giovani, chiamati l’uno Lido e l’altro Tireno, in quella vennero, e fu la provincia chiamata Lidia da Lido ed il mare fu chiamato il mar Tireno dall’altro fratello. E non solamente quello il quale bagna i termini di Toscana, ma, cominciandosi dal Fare di Messina infino alla foce del Varo, tra Nizza e Marsina, tutto fu chiamato Tireno; e cosi ancora il chiamano i greci. Poi cambiò la provincia il nome, dall’esercizio generale di tutti quegli d’essa intorno all’atto del sacrificare alli loro iddíi, nel quale essi furono piú che altri popoli ammaestrati (e perciò usaron lungo tempo i romani di mandare de’ lor piú nobili giovani a dimorar con loro, per apprender da loro il rito del sacrificare); e fieroché essi quasi tutti li lor sacrifici facevano con incenso, e lo ’ncenso in latino si chiama «thus», furon chiamati «/ usci», li quali per volgare son chiamati «toscani»: e da questo dirivò il nome, il qual noi ancora serviamo. Ed è, come assai chiaro si vede, Toscana piena di notabili cittá, in sé, tra l’altre, contenendo tanto della cittá di Roma, quanto di qua dal Tevere se ne vede, e, appresso, questa nostra cittá, cioè Fiorenza, la qual tanto sopra ogni altra è eminente, quanto è il capo sopra gli altri membri del corpo; e però meritamente potè l’autore, il quale di questa cittá lu natio, esser da messer Farinata chiamato «tosco».] Séguita poi: «che per la cittá del foco», cioè per la cittá di Dite, ardente tutta d’eterno fuoco, «Vivo ten vai, cosi parlando onesto», cioè reverentemente, come poco avante faceva parlando a Virgilio; «Piacciati di ristare in questo loco»; quasi voglia dire: tanto che io ti possa vedere e possati parlare.