Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/275

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nota 269

hibiscus VI 1001, herimantum V 37, calchidicos III 108 e XIV 522; ora difettiva: Aracinto XII 128, Rodopes VII 27, arcadibus IX 186, exibuit VII 55, ture VIII 61, concis XVI 553; ora spostata: acantho III 164). La medesima cura m’indusse ad uniformare in ogni particolaritá ortografica gl’incipit ed explicit, ed inoltre i lemmi marginali, ossia tutti i tratti rubricati, i quali, non facendo parte integrale del testo, dovevano richiedere minore attenzione da parte del menante, che fu senza dubbio, anche per essi, il poeta5.

Il buon senso mi suggerí, a piú forte ragione, di evitare per malinteso feticismo dell’autografia un cieco ossequio nel riprodurre sbadataggini manifeste della risma di quelle che seguono: allogrobum III 27 (cfr. allobrogis IX 73), Alexo III 82 (impossibile per la morfologia6), petalcos IX 49 (!), prepositas XI 987, Atheona



  1. Tutte le altre volte è usata la forma ybiscus.
  2. Cfr. calcidici IV 59, Calcidie V 2.
  3. C’è anche un concas XVI 103, che io non ho toccato; ma nella forma del dativo-ablativo mi è parso che all’h si debba far luogo, perché allora essa acquista un valore fonico. In modo analogo il Bocc. rappresentò con la scrittura Lupische VIII 27 il genit. di Lupisca.
  4. Cfr. achanto X 88, con le prime quattro lettere rescritte su un’abrasione; altrove il Bocc. scrisse acantus V 94, ma piú tardi corresse aggiungendo sopra il rigo l’h nella seconda sillaba.
  5. In questa serie di lievi modificazioni entrano anzi tutto i nomi propri Appeninigenam (p. 85), a cui fu da me data la doppia n sul confronto con p. 3, e Boccacii, pp. 3 e 85, che mutai in Boccaccii, per quanto l’altra forma non sia aliena dall’uso boccaccesco (cfr. Hecker, op. cit., p. 299, n. 3). Ecco poi le variazioni introdotte nei lemmi: Tyndarus I 8 (e Tyn. per tutto il séguito dell’egl. I) fu ridotto a Tindarus in analogia coll’uso seguito nell’incipit e nel testo; Pamphilus V 4, Phitias VIII 5, Arcas IX 2, Philostropus XV 1 divennero rispettivamente, per le identiche analogie, Pamphylus Phytias Archas e Phylostropus; Caliope, ch’è nell’incipit dell’egl. XII e nel primo lemma della medesima, fu piú correttamente surrogato dalla forma Caliopes (cfr. il v. 92); Tiflus nell’incipit dell’egl. XV fu reso Typhlus. Quanto ad Aggelus dell’incipit e dei lemmi dell’egl. XVI, oitre che del testo (Aggele vv. 1, 34 e 75), mi parve bene sostituire, in conformitá della pronunzia, la scrizione latina Angel-; invece ho rispettato il grecismo grafico nel titolo Aggelos (la stessa differenza tra il titolo in -os e il nome dell’interlocutore in -us si riscontra nell’egl. XV, Phylostropos e Phylostropus). Avverto da ultimo che in R i nomi propri indicati nei lemmi sono stati scritti per disteso la prima volta soltanto, e tutte le volte successive sono stati ridotti alla prima sillaba o alle prime lettere; nella stampa invece io li do sempre integralmente.
  6. Cfr. i genitivi Alexis III 102 e VIII 123, ma soprattutto il ricorrere della forma corretta Alexi nel v. 146 del carme II, ossia nell’identico verso, letto sopra un altro autografo boccaccesco (qui, p. 94).
  7. Deve concordare con pellibus.