Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/276

Da Wikisource.
270 nota

ivi 1951, exaruit V 792, pannones VII 1183, cantu XII 724. Una svista grammaticale che possiamo prenderci la libertá di emendare è il genit. Parthenopis V 27: esso altrove (VI 85) fu dal Bocc. corretto espungendo l’i e sostituendola con e; evidentemente qui il poeta si dimenticò di procedere alla correzione o non fece caso dell’errore, che in ogni modo è da trattare come preterintenzionale. Piú lungo discorso vuole il mio emendamento conspicuum insignis VI 147, lá dove in R si legge conspicuum signis, che non dá senso; ma l’osservazione diretta del ms. (c. 28 v) porge il modo di spiegare come andarono le cose. Il Bocc. scrisse dunque di primo getto conspicuī signis, dove quell’ī rappresentò certo la prima parte della parola insignis, staccata dal resto secondo la frequente consuetudine grafica del Nostro5; le otto lettere precedenti stavano a costituire il conspicuū, rimasto tronco per aver lo scrittore tralasciato l’ultimo segno ū. Che avvenne poi? Accortosi della sbadataggine, il Bocc. volle integrare conspicuum, e per far ciò, con nuova svista, aggiunse una seconda gamba alla finale di conspicuī6, condannando cosí quel povero signis a passare acefalo nella vulgata. Ad un’evidente distrazione si deve anche l’inserzione di in davanti a celsum VIII 128, con grave perturbamento prosodico che non occorrerá perpetuare nella stampa quando si sará visto come andarono le cose. In un primo tempo, dunque, il Bocc. segnò sopra celsum la prep. in non per inserirla nel testo ma semplicemente per facilitare l’interpretazione, come fece piú volte, in casi consimili, con indicazioni diverse; piú tardi bensí gli accadde d’ingannarsi, rileggendo il passo con poca attenzione, circa l’ufficio di quell’in, ed allora tracciò al disotto un piccolo apice per mostrare con tal segno che la parola fosse da compren-



  1. Cfr. Actheonis in un altro originale boccaccesco (Hecker, p. 176, l. 3).
  2. Cfr. exaruere XV 11, che lo stesso Bocc. ridusse ad exarsere quando si accorse che la prima forma dava luogo ad un errore di quantitá (exāruere misurato per exăruere). Per analogia s’impone dunque la surrogazione di exarsit ad exaruit, anche se qui al Bocc. sfuggí l’inconveniente.
  3. Originariamente pannonios, ridotto a pannones in séguito ad abrasione della i e a riduzione dell’esito -os in -es. Ma il passaggio dalla seconda alla terza declinazione non persuade. Si veda infatti pannonus IX 127, che fu in origine pannonius; naturale dunque che anche pannonios volesse il Bocc. ridurre a pannonos.
  4. Sará stato tralasciato il compendio della m: l’espressione ferrent super ethera richiede un complemento oggetto, che non può essere se non cantum.
  5. Cfr. Lidonnici, op. cit., p. 8.
  6. Quest’asticella si rivela infatti additizia per il diverso colore dell’inchiostro.