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Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/291

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nota 285


Redazione A:

1) in antris 22;
2) al v. 23 seguivano due versi che furono abrasi, ma non in modo da distruggerli completamente; essi erano del seguente tenore:

{{Blocco centrato|

piscososque sinus, peperit quos inter Agapon
iam michi quemque seni puerum Solona tenemus1;

3) omictere mores 672.

I due versi riferiti qui sopra passarono nella redazione B3.


IV


Circa l’interpretazione delle egloghe e tutte le questioni che con essa s’intrecciano non posso dir qui che poche cose generiche. Il primo punto di partenza per tale interpretazione diede lo stesso poeta con la sua nota lettera esplanatoria a fra Martino da Signa, che infatti in molti testi a penna è trascritta insieme col Bucc. carmen4. Che Benvenuto da Imola volesse commentare queste composizioni è una favola, derivata da un’epistola certamente apocrifa attribuitagli5. La letteratura esegetica moderna comincia con alcune buone pagine di A. Hortis (1879) e prosegue con qualche studio esteso a tutte le egloghe6 e con



  1. Lezione rimasta in L (cfr. Hecker, pp. 67-8).
  2. Cfr. Hecker, p. 46.
  3. Su rasura furono scritte le parole e tratti seguenti: oro 18, is di ciclopis e are di staret 22, persepe remotum 76, dulces | pellibus is pecudum 97 sg., iam satur e Heu 128. Nel v. 65 fu abrasa una sillaba tra le ultime due parole. Non è vero, come parve al Lidonnici, che fedas undas 85 sia scritto su rasura.
  4. Cfr. p. 216 sgg.
  5. Cfr. Novati, Per la biografia di Benv. da Imola, nel Giorn. stor., XIV [1889], pp. 258-66; F. Lo Parco, nel Bull. della Soc. Dant. ital., n. s., XXII [1915], pp. 98-99.
  6. Hortis, Studj cit., pp. 1-68; B. Zumbini, Le egloghe del Bocc., nel Giorn. stor., VII [1885], p. 94 sgg.; H. Hauvette, Sulla cronologia delle egloghe latine del Bocc., nel Giorn. stor., XXVIII [1896], p. 154 sgg.; E. Carrara, La poesia pastorale, Milano, [1909], p. 111 sgg.; G. Lidonnici, Il significato storico e psicologico del «Bucc. Carmen» e la sua cronologia, cit. qui nella n. 5 alla p. 266.