Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/299

Da Wikisource.

nota 293

Esso ha purtroppo avuto molto a soffrire per colpa dell’ umiditá, che fece stingere l’inchiostro, specialmente nelle cc. 57 v e 58 r1, tanto che l’Hauvette, il quale fu il primo ad accorgersi delle differenze considerevoli che intercedono tra questo carme e l’egl. III, dovette limitarsi, nello stamparlo, a lasciare apparire piú o meno lacunosi ben quindici versi di cui la lettura integrale gli era riuscita impossibile, ed in una sessantina circa d’altri versi a chiudere tra uncini le restituzioni di parole ed elementi che gli erano parse sicure2. Piú tardi quasi tutte le lacune furono colmate dal Sabbadini con l’aiuto della riproduzione fototipica3; nei due soli luoghi in cui la reintegrazione non fu tentata da lui, mi sono permesso io un supplemento congetturale (spirant 66, profuerit 72), cosí che in questo volume il testo apparisce per ogni sua parte compiuto; probabile ma non certa è anche la lettura Quid 694.

La stampa dell’Hauvette è diplomatica, ed in complesso abbastanza esatta5. La mia è fedelissima, pur non rinunziando ad uniformare poche grafie incongruenti ed a correggere altre poche meno accettabili6; introduce anche una modesta ma plausibile



  1. S’ingannò l’Hauvette nel sospettare un tentativo di «gratter l’écriture dans toute l’étendue de la page» (Notes cit., p. 108; anche a p. 138, n. 3, parla di «ratures qui, parfois, en rendent la lecture impossible». Rilevo ancora che, nel titolo riferito sopra, le parole Iohannes e cui furono tracciate nuovamente in séguito da mano moderna, e che lo stesso trattamento subirono tutte le lettere svanite dei versi 1-7 e 17-18, con l’effetto d’inserirvi qualche grossolano errore di lettura (cfr. Hauvette, p. 139, n. 4).
  2. Notes cit., pp. 139-45. Incompleti si leggono i vv. 9, 63, 66, 68, 70, 72, 78, 79, 89, 91, 92, 116, 131, 134, 135.
  3. Per questa, cfr. qui, p. 290, n. 1; Sabbadini, Giorn. stor., LXVI, pp. 409-10 (in pochi casi lesse o supplí meno bene: si vedano le sue proposte ai vv. 69, 70, 79, 81, 84).
  4. Di profuerit il pro è tuttora visibile; al v. 69 il Sabbadini propose post, e dove il ms. ha uicte lesse meri, che integrò in meritis.
  5. Nel v. 43 il ms. ha pulcre e non pulcro; la lezione fulmina 103 è sbagliata: il Bocc. scrisse da prima fulmina, ma poi espungendo la l, e tornandola a scrivere sopra il rigo tra f ed u, ridusse la voce a flumina, confermato dal confronto col passo corrispondente del Bucc. c. (III 74). L’editore invece si tenne certo «qu’il a voulu dire fulmina» (p. 142, n. 3). Nel v. 1 quoque è certo originale, benché oggi appaia ripassato a penna modernamente (cfr. n. 1 qui sopra): l’editore lo ridusse a quo senza ragione.
  6. Con riferimento anche al carme precedente, che si trova nelle medesime condizioni di questo e va soggetto al medesimo trattamento, do conto qui delle grafie di ZL modificate da me: rappresentazione del suono ñ (congnita I 21); rappresentazione del suono nasale innanzi a dentale o a gutturale (amtro amtrum II