Pagina:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu/105

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Rime 75

XXXIV.


Quando posso sperar che mai conforme
     Divegna questa donna a’ desir miei?
     Ch’anchor con prieghi impetrar non potei
     Dal somno, monstrator di mille forme1,
     Ch’in sogn’almen dov’ella lascia l’orme5
     Mi dimonstrasse: et contento sarei,
     Poi ch’io non posso più riveder lei,
     Che crudel cerca, lasso! in terra porme2.
Allora certo quando torneranno
     Li fiumi a’ monti, et i lupi l’agnelle10
     Dagli ovil temorosi fuggiranno.
     Dunque uccidimi, Amore, acciò che quelle
     Luci che fur principio del mio danno,
     Del morir mio ridendo, sien più belle.


XXXV.


Se quella fiamma che nel cor m’accese,
     Et or mi sface in doloroso pianto,
     Fosse ver me pietosa pur alquanto
     Et del monstrarsi un poco più cortese3,


  1. Dal sonno che presenta alla mente tante svariate immagini.
  2. Il sonetto si mostra scritto durante una delle molte assenze da Napoli della Fiammetta, che soleva ogni anno recarsi in villeggiatura a Baia, ‘nella più lieta stagione’ (LX, 1-12; LXI, 9-11).
  3. Anche questo sonetto esprime, come il precedente, il dolore del Boccacci per non poter vedere, tanto spesso quanto vorrebbe, la sua donna.