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116 Giovanni Boccacci

     Vedrai anchora che lla gente tosca1
     Risponder sappia quand’altri la chiama,
     E perFonte/commento: editio maior rampogna rendere un sonetto:
Ben ch’arte non sia a tte qual l’intelletto2.15


SONETTO DI SER CECCO DI MELETTO DE’ ROSSI DA FORLÌ MANDATO A MESSER FRANCESCO PETRARCA, A MESSER LANCILLOTTO ANGUISSOLA, A MAESTRO ANTONIO DA FERRARA E A MESSER GIOVANNI BOCCACCI3.


Voglia il ciel, voglia pur seguir l’edicto
     Che imposto fu da prima a li ampi giri4,
     Et rote intorno l’orbe con quei spiri5
     Che giungon li elementi e ’l centro inscripto6:
     Ch’è7 per servar quello antico rescripto,5


    e conoscere più che non si ama: gli è mostrato con lo stesso esempio del suo errore che, in fatto di dottrina, può esser vera almeno la prima di queste due proposizioni.

  1. Di qui si cava che il malcapitato corrispondente del Boccacci non era toscano.
  2. «Benché tu abbia più intelletto che dottrina (arte).»
  3. Questa tenzone fu composta negli ultimi mesi del 1347 o nei primissimi del ’48, essendo messer Giovanni in Forlì presso Francesco degli Ordelaffi, allora signore di quella città, il quale teneva a’ suoi stipendi (non sappiamo bene in quale mansione) il notaio Cecco di Meletto de’ Rossi. Di questo letterato forlivese, che intrattenne rapporti letterari col Petrarca, rimangono scarse notizie degli anni tra il 1347 e il 1360, due carmi bucolici e alcune epistole latine, tra cui una assai lunga diretta alla città di Forlì per esortarla a perseverare sotto la signoria della Chiesa dopo la caduta dell’Ordelaffi (1359).
  4. I nove cieli del sistema tolemaico.
  5. «Disposizioni.»
  6. «Che tengono uniti gli elementi e la terra (centro inscripto).»
  7. Il che si riattacca a ciel del v. 1.