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Rime | 151 |
Non giovanett’età, non melodia[1],
Non angelico aspecto né bellezza
Poté tirar dalla sovran’altezza5
Il re del cielo in questa vita ria
Ad incarnar[2] in te, dolce Maria,
Madre di gratia et specchio d’allegrezza;
Ma l’humilità tua, la qual fu tanta,
Che poté romper ogn’antico sdegno10
Tra dio et noi, et far il ciel aprire.
Quella ne presta adunque, madre sancta,
Sì che possiamo al tuo beato regno,
Seguendo lei[3] devoti, anchor salire.
CXVIII.
O luce eterna[4], o stella matutina,
La qual chiuder non può Borea né Austro[5],
Della nave di Pier timone, et plaustro[6]
Del biforme grifon[7], che la divina
- ↑ Dolcezza di voce.
- ↑ «Incarnarsi.»
- ↑ L’umiltà.
- ↑ Ancora alla Vergine, come il precedente e il seguente sonetto.
- ↑ «Non è limitata e conchiusa come le stelle dell’emisfero boreale e dell’australe.»
- ↑ «Carro.»
- ↑ Cristo, che appare in forma di grifone, animale avente le due forme dell’aquila e del leone, nella processione allegorica vista da Dante nel paradiso terrestre: ‘biforme fiera’ lo chiama appunto il poeta (Purg., XXXII, 96). Un’altra reminiscenza dantesca è da ravvisare in una delle due rime delle quartine (plaustro : claustro : Austro; cfr. ivi, 95-99). Ma nella finzione dell’Ali-