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CAPITOLO XXXI. 127

Allor rivolto alla Donna piacente
     50Dissi: costei, ch’io veggio qui voltare,
     Conosc’io per nemica veramente:
Tra l’altre creature, a cui mi pare
     Dover portar più odio, questa è dessa,
     Perocchè ogni sua forza e operare
55Ell’ha contro di me opposta e messa,
     Nè preghi nè saper nè forza alcuna
     Pacificar mi può giammai con essa.
Ognora nella faccia persa e bruna
     Mi si mostra crucciata, e sempre a fondo
     60Della sua rota mi trae dalla cuna,
Gravandomi di sì noioso pondo,
     Che levar non mi posso a risalire,
     Onde giammai non posso esser giocondo.
Ridendo allor mi cominciò a dire
     65La Donna saggia: e tu se’ di coloro,
     Ch’alle mondane cose hanno ’l disire?
A’ quai se ella desse tutto l’oro,
     Che è sotto la luna, pure avversa
     Riputerebber lei al voler loro.
70Torrotti adunque di cotal traversa
     Opinïone, e mostrerotti come
     Più son beati que’ che l’han perversa.
Il dir, Fortuna, è un semplice nome;
     Il posseder quel ch’ella dà, è vano,
     75O senza frutto affanno se ne prome;
Odirai come, e se ’l mio dire strano
     È dalla verità, conceder puossi
     Che seguir vizio sia al salvar sano.