Pagina:Boccaccio - Decameron I.djvu/57

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novella sesta 53

dall’altre variino, tutte per ciò son fatte qui come altrove. — Il re, udite queste parole, raccolse bene la cagione del convito delle galline e la vertú nascosa nelle parole, ed accorsesi che invano con cosí fatta donna parole si gitterebbono, e che forza non v’avea luogo; per che cosí come disavvedutamente acceso s’era di lei, saviamente s’era da spegnere per onor di lui il male concetto fuoco. E senza piú motteggiarla, temendo delle sue risposte, fuori d’ogni speranza desinò, e finito il desinare, acciò che col presto partirsi ricoprisse la sua disonesta venuta, ringraziatala dell’onor ricevuto da lei, accomandandolo ella a Dio, a Genova se n’andò.

[VI]

Confonde un valente uomo con un bel detto la malvagia ipocresia de’ religiosi.


Emilia, la quale appresso la Fiammetta sedea, essendo giá stato da tutte commendato il valore ed il leggiadro gastigamento della marchesana fatto al re di Francia, come alla sua reina piacque, baldanzosamente a dir cominciò:

Né io altressí tacerò un morso dato da un valente uomo secolare ad uno avaro religioso con un motto non meno da ridere che da commendare.

Fu adunque, o care giovani, non è ancora gran tempo, nella nostra cittá un frate minore inquisitore dell’eretica pravitá, il quale, come che molto s’ingegnasse di parer santo e tenero amatore della cristiana fede, sí come tutti fanno, era non meno buono investigatore di chi piena aveva la borsa che di chi di scemo nella fede sentisse. Per la quale sollecitudine per ventura gli venne trovato un buono uomo, assai piú ricco di denar che di senno, al quale, non giá per difetto di fede ma semplicemente parlando, forse da vino o da soperchia letizia riscaldato, era venuto detto un dí ad una sua brigata, sé avere un vino sí buono, che ne berrebbe Cristo. Il che essendo allo ’nquisitor rapportato ed egli sentendo che li suoi poderi eran grandi