costui non ispendendo il suo multiplicava, arrivò a Genova un valente uomo di corte e costumato e ben parlante, il qual fu chiamato Guiglielmo Borsiere, non miga simile a quegli li quali sono oggi, li quali, non senza gran vergogna de’ corrotti e vituperevoli costumi di coloro li quali al presente vogliono essere gentili uomini e signor chiamati e reputati, son piú tosto da dire asini nella bruttura di tutta la cattivitá de’ vilissimi uomini allevati che nelle corti. E lá dove a que’ tempi soleva essere il lor mestiere e consumarsi la lor fatica in trattar paci dove guerre o sdegni tra gentili uomini fosser nati o trattar matrimoni, parentadi ed amistá, e con belli motti e leggiadri ricreare gli animi degli affaticati e sollazzar le corti e con agre riprensioni, sí come padri, mordere i difetti de’ cattivi, e questo con premi assai leggeri; oggidí in rapportar male dall’uno all’altro, in seminare zizzania, in dir cattivitá e tristizie, e che è peggio, in farle nella presenza degli uomini, in rimproverare i mali, le vergogne e le tristezze vere e non vere l’uno all’altro e con false lusinghe gli uomini gentili alle cose vili e scellerate ritrarre s’ingegnano il lor tempo di consumare. E colui è piú caro avuto e piú da’ miseri e scostumati signori onorato e con premi grandissimi esaltato, che piú abominevoli parole dice o fa atti: gran vergogna e biasimevole del mondo presente, ed argomento assai evidente che le vertú, di qua giú dipartitesi, hanno nella feccia de’ vizi i miseri viventi abbandonati. Ma tornando a ciò che io cominciato avea, da che giusto sdegno un poco m’ha trasviata piú che io non credetti, dico che il giá detto Guiglielmo da tutti i gentili uomini di Genova fu onorato e volentier veduto; il quale, essendo dimorato alquanti giorni nella cittá ed avendo udite molte cose della miseria e dell’avarizia di messere Ermino, il volle vedere. Messere Ermino aveva giá sentito come questo Guiglielmo Borsiere era valente uomo, e pure avendo in sé, quantunque avaro fosse, alcuna favilluzza di gentilezza, con parole assai amichevoli e con lieto viso il ricevette e con lui entrò in molti e vari ragionamenti, e ragionando il menò seco, insieme con altri genovesi che con lui erano, in una sua casa nuova, la