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62 | giornata prima |
quale fatta aveva fare assai bella; e dopo avergliele tutta mostrata, disse: — Deh! messer Guiglielmo, voi che avete e vedute ed udite molte cose, saprestemi voi insegnare cosa alcuna che mai piú non fosse stata veduta, la quale io potessi far dipignere nella sala di questa mia casa? — A cui Guiglielmo, udendo il suo mal conveniente parlare, rispose: — Messere, cosa che non fosse mai stata veduta non vi crederei io sapere insegnare, se ciò non fosser giá starnuti o cose a quegli simiglianti: ma se vi piace, io ve ne ’nsegnerò bene una che voi non credo che vedeste giá mai. — Messere Ermino disse: — Deh! io ve ne priego, ditemi quale è dessa — non aspettando, lui quello dover rispondere che rispose. A cui Guiglielmo allora prestamente disse: — Fateci dipignere la cortesia. — Come messere Ermino udí questa parola, cosí subitamente il prese una vergogna tale, che ella ebbe forza di fargli mutare animo quasi tutto in contrario a quello che infino a quella ora aveva avuto, e disse: — Messer Guiglielmo, io la ci farò dipignere in maniera, che mai né voi né altri con ragione mi potrá piú dire che io non l’abbia veduta e conosciuta. — E da questo dí innanzi, di tanta vertú fu la parola da Guiglielmo detta, fu il piú liberale ed il piú grazioso gentile uomo e quello che piú ed i forestieri ed i cittadini onorò che altro che in Genova fosse a’ tempi suoi.
[IX]
Il re di Cipri, da una donna di Guascogna trafitto, di cattivo valoroso diviene.
Ad Elissa restava l’ultimo comandamento della reina; la quale, senza aspettarlo, tutta festevole cominciò:
Giovani donne, spesse volte giá addivenne che quello che varie riprensioni e molte pene date ad alcuno non hanno potuto in lui adoperare, una parola molte volte per accidente, non che ex proposito, detta l’ha operato. Il che assai bene appare nella novella raccontata dalla Lauretta, ed io ancora con un’altra assai brieve ve l’intendo dimostrare, perché, con ciò sia cosa