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Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/292

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286 giornata decima

a recare le cose agli effetti diterminati. Che ho io a curare se il calzolaio piú tosto che il filosofo avrá d’un mio fatto secondo il suo giudicio disposto o in occulto o in palese, se il fine è buono? Debbomi io ben guardare, se il calzolaio non è discreto, che egli piú non ne possa fare, e ringraziarlo del fatto. Se Gisippo ha ben Sofronia maritata, l’andarsi del modo dolendo e di lui è una stoltizia superflua; se del suo cenno voi non vi confidate, guardatevi che egli piú maritar non ne possa, e di questa il ringraziate. Nondimeno dovete sapere che io non cercai né con ingegno né con fraude d’imporre alcuna macula all’onestá ed alla chiarezza del vostro sangue nella persona di Sofronia; e quantunque io l’abbia occultamente per moglie presa, io non venni come rattore a tôrle la sua virginitá né come nemico la volli men che onestamente avere, il vostro parentado rifiutando: ma ferventemente acceso della sua vaga bellezza e della vertú di lei, conoscendo che, se con quello ordine che voi forse volete dire cercata l’avessi, che, essendo ella molto amata da voi, per tema che io a Roma menata non ne l’avessi, avuta non l’avrei. Usai adunque, l’arte occulta che ora vi puote essere aperta, e feci Gisippo, a quello che egli di fare non era disposto, consentire in mio nome; ed appresso, quantunque io ardentemente l’amassi, non come amante ma come marito i suoi congiugnimenti cercai, non appressandomi prima a lei, sí come essa medesima può con veritá testimoniare, che io e con le debite parole e con l’anello l’ebbi sposata, domandandola se ella me per marito volea; a che ella rispose del sí. Se esser le pare ingannata, non io ne son da riprendere, ma ella, che me non domandò chi io fossi. Questo è adunque il gran male, il gran peccato, il gran fallo adoperato da Gisippo amico e da me amante, che Sofronia occultamente sia divenuta moglie di Tito Quinzio; per questo il lacerate, minacciate ed insidiate. E che ne fareste voi piú, se egli ad un villano, ad un ribaldo, ad un servo data l’avesse? Quali catene, qual carcere, quali croci ci basterieno? Ma lasciamo ora star questo: egli è venuto il tempo il quale io ancora non aspettava, cioè che mio padre sia morto e che a me conviene a Roma tornare, per che, meco volendone