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Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/346

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ragguagliò il Borghini, soggiungendo tuttavia che gli editori di G non poterono vedere «il libro proprio, che giá era perduto,.... ma un riscontro con quello da M. Francesco Berni»1. Tante precauzioni per la salvaguardia di un ms., si vera sunt exposita (s’intende), costituiscono una testimonianza lampante di pregio intrinseco attribuito ad un cimelio che appartenesse giá da qualche generazione alla famiglia: come avrebbe potuto essere, supponiamo, quel Dec. sul quale, con grande vergogna e dolore del Bocc. giá vecchio e pentito, le donne famigliari di messer Mainardo Cavalcanti solevano leggere, col permesso del loro capo, «quot ibi sint minus decentia et adversantia honestati, quot Veneris infauste aculei, quot in scelus impellentia etiam si sint ferrea pectora»2.

La «ventisettana», con tutti i quesiti di critica del testo che solleva e che giova sperare non tardino ad essere in acconcia sede affrontati e risolti, è la prima edizione condotta con serietá moderna di propositi dietro un esame abbastanza diligente di antigrafi bene scelti; e con ragione i Deputati la chiamarono «pianta di tutto l’edificio» e «fondamento» della loro «fabbrica», ch’è la nota edizione rassettata del 1573. Tra l’una e l’altra volsero anni ben poco propizi al libro boccaccesco: dentro le circa trentadue ristampe si contano le famigerate «correzioni» di Lodovico Dolce (1541-’46-’52) e di Girolamo Ruscelli (1552-’54-’57); esse appartengono alla storia delle fortune del capolavoro, non a quella del suo testo, al quale non apportarono che guasti3. Poi, nel, 1559, per sentenza del Concilio tridentino, il Dec. è compreso nell’Index librorum prohibitorum con provvisoria condanna, «donec expurgetur»4; e da allora ogni attivitá editoriale si sospende per forza, durante quasi tre lustri: né ripiglierá che per offrire, ai dotti ed ai curiosi, alle liete comari ed ai filologi, la prima delle tre «rassettature» o meglio sconciature cinquecentesche.

In che cosa questa consista è presto detto. Quando «quei di Roma» si avvidero che a spegnere del tutto il ricordo e il desi-

  1. Annotazioni, p. 16. Al lavoro dei «giovani nobili e virtuosi» partecipò appunto «qualche volta» Baccio o Bartolomeo Cavalcanti «uomo di assai buon giudicio, di cui varie erudite fatiche abbiamo alla luce» (Manni, p. 643).
  2. Epist. cit. Idibus septembris.
  3. Manni, pp. 646-51.
  4. Vi si trova ancora nell’Index del 1881 e non piú in quello del 1900 (Hutton, G. Bocc. A biographical study, p. 310 n.).