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Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/356

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con certezza che appartenne ad un Giuliano de’ Medici1; nel Settecento diventò proprietá di Apostolo Zeno, il quale lo giudicò «pregevolissimo» e «da riporsi tra i piú stimabili»2. Le ultime vicende lo portarono nella collezione del duca di Hamilton e quindi nella sede definitiva attuale.

III

Questa edizione non pretende di segnare un termine d’arrivo, ma si contenta di costituire il punto di partenza della fase ultima della storia del testo: quello da cui si cominci a scorgere non remoto lo scopo a cui tendono le fatiche della critica industre e sagace, il ripristino del Dec. quale uscí dalle mani dello scrittore (x).

Per adesso il problema è meno arduo: atteso che gli studi sinora compiuti hanno posto in evidenza il singolar pregio del ms. B, basterá limitarsi a stampar questo, tenendo però conto di tre ordini di fatti: 1°) la lezione del codice non è immune da errori, anche di notevole gravitá, poiché esso, per quanto assai antico (nulla vieta di crederlo scritto in tempo che il Bocc. ancora viveva), non si può tuttavia ritener procedente senza intermediari da x, sí che rappresenta giá un grado della tradizione manoscritta in cui l’inevitabile inquinamento s’è reso sensibile; 2°) il testo di B non è nella sua integritá sotto gli occhi nostri, avendo sciagurate traversie fatto disperdere, come sappiamo3, una carta in principio del volume, otto nella Giorn. VII, otto ancora tra la Giorn. IX e la X4; 3°) la veste formale (ortografia e morfologia)

  1. Dico cosí, perché dalla notizia che di questo precedente possessore lasciò A. Zeno (cfr. Giorn. stor., X, p. 297) non è possibile ricavare di quale dei due Giuliani si tratti, se del piú celebre († 1478) ovvero del duca di Nemours († 1516).
  2. Cfr. Giorn. stor., X, p. 297. Come di proprietá dello Zeno il ms. fu appena ricordato dal Manni (op. cit., p. 631). Al medesimo B credo che voglia riferirsi questa postilla di A. M. Salvini ad un luogo delle Annotazioni dei Deputati: «Vi era a’ nostri giorni un testo in cartapecora a Venezia: non si trovò in Firenze chi lo pigliasse» (ediz. cit., p. 93 n,).
  3. Cfr. p. 348.
  4. Complessivamente l’autoritá di B ci vien meno: per il proemio; per le prime due pagine all’incirca dell’introd. alla Giorn. I; per intere le novelle VII, ii-viii e X, i-vii; per parte delle novelle VII, i e ix, IX, x e X, viii; per la chiusa della Giorn. IX e l’introd. della X.