Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/49

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novella prima 43

laudesi di Santa Maria Novella, ed aveva a ritenere la scuola loro, ed altri cosí fatti uficetti aveva assai sovente, di che egli da molto piú si teneva: e ciò gli avveniva per ciò che egli molto spesso, sí come agiato uomo, dava di buone pietanze a’ frati. Li quali, per ciò che qual calze e qual cappa e quale scapolare ne traevano spesso, gl’insegnavano di buone orazioni e davangli il paternostro in volgare e la canzone di santo Alesso ed il lamento di san Bernardo e la lauda di donna Matelda e cotali altri ciancioni, li quali egli avea molto cari, e tutti per la salute dell’anima sua gli si serbava molto diligentemente. Ora, aveva costui una bellissima donna e vaga per moglie, la quale ebbe nome monna Tessa e fu figliuola di Mannuccio dalla Cuculia, savia ed avveduta molto; la quale, conoscendo la simplicitá del marito, essendo innamorata di Federigo di Neri Pegolotti, il quale bello e fresco giovane era, ed egli di lei, ordinò con una sua fante che Federigo le venisse a parlare ad un luogo molto bello che il detto Gianni aveva in Camerata, al quale ella si stava tutta la state: e Gianni alcuna volta vi veniva a cenare e ad albergo, e la mattina se ne tornava a bottega e talora a’ laudesi suoi. Federigo, che ciò senza modo disiderava, preso tempo un dí che imposto gli fu, in sul vespro se n’andò lá su, e non venendovi la sera Gianni, a grande agio e con molto piacere cenò ed albergò con la donna: ed ella, standogli in braccio la notte, gl’insegnò da sei delle laude del suo marito. Ma non intendendo essa che questa fosse cosí l’ultima volta come stata era la prima, né Federigo altressí, acciò che ogni volta non convenisse che la fante avesse ad andar per lui, ordinarono insieme a questo modo, che egli ognidí, quando andasse o tornasse da un suo luogo che alquanto piú suso era, tenesse mente in una vigna la quale allato alla casa di lei era: ed egli vedrebbe un teschio d’asino in su un palo di quegli della vigna, il quale quando col muso vòlto vedesse verso Firenze, sicuramente e senza alcun fallo la sera, di notte, se ne venisse a lei, e se non trovasse l’uscio aperto, pianamente picchiasse tre volte, ed ella gli aprirebbe; e quando vedesse il muso del teschio vòlto verso Fiesole, non vi venisse, per ciò che