Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/160

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debbo dire, e ogni altro bene procedette e procede, e di tutti, come per effetto si vede, è larghissimo donatore, che alla presente opera della sua luce sì fattamente illumini il mio intelletto, e la mano scrivente regga, che per me quello si scriva che onore e gloria sia del suo santissimo nome, e utilità e consolazione dell’anime di coloro li quali per avventura ciò leggeranno, e altro no.

Non è ancora molto tempo passato, che ritrovandomi solo nella mia camera, la quale è veramente sola testimonia delle mie lagrime, de’ sospiri e de’ rammarichii, siccome assai volte davanti avea fatto, m’avvenne ch’io fortissimamente sopra gli accidenti del carnale amore cominciai a pensare: e molte cose già passate volgendo, e ogni atto e ogni parola pensando meco medesimo, giudicai che senza alcuna mia colpa io fossi fieramente trattato male da colei, la quale io mattamente per mia singulare donna eletta avea, e la quale io assai più che la propria vita amava, e oltre ad ogni altra onorava e reveriva. E in ciò parendomi oltraggio e ingiuria, senza averla meritata, ricevere, da sdegno sospinto, dopo molti sospiri e rammarichii amaramente cominciai, non a lagrimare solamente, ma a piagnere. E in tanto d’afflizione trascorsi, ora della mia bestialità dolendomi, ora della crudeltà trascurata di colei, che uno dolore sopra un altro col pensiero aggiugnendo, estimai che molto meno dovesse essere grave la morte che cotal vita, e quella con sommo desiderio cominciai a chiamare: e dopo molto averla chiamata, conoscendo io che essa, più che altra cosa crudele, più fugge chi più la desidera, meco immaginai di costrignerla a trarmi del mondo. E già del modo