Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/199

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la lavandaia berlingano senza ristare, se altri non truovano che dia loro orecchie, forte turbandosi se alcuna loro riprovata ne fosse. È il vero, che da questa loro così subita sapienza, e divinamente in loro spirata, ne nasce una ottima dottrina nelle figliuole: a tutte insegnano rubare i mariti, come si debbiano ricevere le lettere dagli amanti, come ad esse rispondere, in che guisa metterlisi in casa, che maniere debbano tenere ad infignersi d’esser malate, acciocchè libero loro dal marito rimanga il letto, e molti altri mali. Folle è chi crede che niuna madre si diletti d’aver miglior figliuola di sè, o più pudica. E non nuoce che bisogna che per una bugia, per uno spergiuro, per una retà, per mille sospiri infinti, per cento milia false lagrime elle vadano a lor vicine, che quando mestier lor fanno le prestino loro. Sallo Iddio ch’io per me non seppi mai tanto pensare, ch’io sapessi conoscere o discernere dove elle le si tengano, che sì pronte e sì preste ad ogni lor volontà l’abbiano come hanno. Bene è il vero, ch’esse sono arrendevoli a lasciarsi provare il lor difetto, e spezialmente quello che altri con gli occhi suoi medesimi vede, e non hanno presto il non fu così: tu menti per la gola: tu hai le traveggole: tu hai le cervella date a rimpedulare: bei meno: tu non sai ove tu ti se’: se’ tu in buon senno? tu farnetichi a santà, e anfani a secco, e cotali altre lor parolette appuntate. E se esse diranno d’avere un asino veduto volare, dopo molti argomenti in contrario, converrà che si conceda del tutto, se non, le inimicizie mortali, le insidie e gli odii saranno di presente in campo. E sono di tanta audacia, che chi punto il lor senno avvilisce incontanente dicono: le