Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/210

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venir la notte, che al tornare mi vi costrignea, mi contristava come se uno noioso prigioniere e possente, e a dovere ad una prigione rincrescevole e oscura m’avesse costretto. Costei adunque donna divenuta del tutto e di me e delle mie cose, non secondo che la natura avrebbe voluto al mio stato avendo rispetto, ma come il suo appetito disordinato richiedeva, prima nel modo del vivere e nella quantità suo ordine pose, e il simigliante fece ne’ suoi vestimenti, non quelli ch’io le facea, ma quelli che le piacevano faccendosi: e da qualunque d’alcuna mia possessione avea il governo, essa conveniva che la ragion rivedesse, e i frutti prendesse e distribuisse secondo il parer suo; e in somma in inguria recandosi, perchè io così tosto come ella avrebbe voluto d’alcuna quantità di danari ch’io avea mia tesoriera e guardiana non la feci, mille volte essere uomo senza fede, e massimamente verso di lei, mi rimproverò, infino a tanto che a quello pervenne ch’ella desiderava, sè d’altra parte di lealtà sopra Fabrizio, e a qualunque altro leale uomo stato, commendando. E a non volere ogni cosa distinguere e narrare, in cose infinite mi si pose al contrario, nè mai in tal battaglia, se non vincitore, pose giù l’arme; ed io misero, e male in ciò avveduto, credendomi sofferendo diminuir l’angoscia e l’affanno, più tiepido che l’usato divenuto seguiva il suo volere: la qual tiepidezza il vestimento che vermiglio mi vedi, come già dissi, ora con mia gravissima pena riscalda: ma più davanti è da procedere. In cotal maniera adunque essa donna ed io servidor divenuto, con più ardita fronte, non veggendosi alcuna resistenza, cominciò a mostrare e