Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/229

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quale per la quiete della notte era in giù caduta, rilevarsi, che a me, che veduta l’avea in prima, una strana maraviglia me ne facea: e se tu, come io il più delle mattine la vedea, veduta l’avessi con la cappellina fondata in capo, e col veluzzo d’intorno alla gola, così pantanosa nel viso come ora dissi, e col mantello foderato, covare il fuoco, in su le calcagna sedendosi, e colle occhiaia livide tossire, e sputar farfalloni, io non temo punto, che tutte le sue virtù, dal tuo amico udite, avessero tanto potuto farti di lei innamorare, che quelle vedendo, cento mila cotanti non t’avessero fatto disamorare. Quale ella dovesse essere, quando i Pisani col vermiglio all’asta cavalcano, con la testa lenzata e stretta, la doglia al capo apponendo, dove alla parte opposita era il male, pensalti tu. Sono molto certo, che, se veduta così fatta l’avessi, o la vedessi, che, dove di’ che, vedendola, al cuore dal suo viso le fiamme ti corsero, come fanno alle cose unte, che ti sarebbe paruto che ti fosse fatto incontro una soma di feccia o un monte di letame, per lo quale saresti, come per le spiacevoli cose si fa, fuggito, e ancor fuggiresti, e fuggirai, la mia verità immaginando: ma da procedere più avanti ci resta. Tu la vedesti grande e compressa: parmi esser certo, come io sono della beatitudine che per me s’aspetta, che riguardando il petto suo, tu estimasti quello dovere esser tale e così tirato qual vedi il viso, senza vedere i bariglioni cascanti, che le bianche bende nascondono; ma di gran lunga è di lungi la tua estimazione dalla verità: e come che molti ti potessero al mio dire vera tostimonianza rendere, siccome esperti, a me, che forse più lunga-