Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/230

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mente, non potendo altro fare, esperienza n’ebbi, voglio, che tu senza testimonio il creda. In quello gonfiato, che tu sopra la cintura vedi, abbi per certo ch’egli non v’è stoppa, nè altro ripieno, che la carne sola di due bozzacchioni, che già forse, acerbi pomi, furono a toccare dilettevoli, e a vedere similmente: come che io mi creda che così sconvenevoli li recasse dal corpo della madre: ma lasciamo andar questo. Esse, qual che si sia la cagione, o l’esser troppo tirate d’altrui, o il soperchio peso di quelle che distese l’abbia, tanto oltre misura dal loro natural sito spiccate e dilungate sono, se cascare le lasciasse, che forse, anzi senza forse, infino al bellico le aggiugnerebbono, non altrimenti vote o vizze che sia una vescica sgonfiata: e certo, se di quelle, come de’ cappucci s’usa a Parigi, a Firenze s’usasse, ella per leggiadria sopra le spalle se le potrebbe gittare alla francesca. E che più, cotanto, o meno, alle gote, dalle bianche bende tirate, risponde la ventraia, la quale di larghi e spessi solchi vergata, come sono le torce, pare un sacco voto, non d’altra guisa pendente che al bue faccia quella buccia vota che li pende dal petto al mento: e per avventura non meno che gli altri panni, quella le conviene in alto levare, quando secondo l’opportunità naturale vuol scaricare la vescica, o, secondo la dilettevole, infornare il malaguida. Nuove cose e assai dalle passate strane richiede l’ordine del mio ragionamento: le quali quanto meno schiferai, anzi con quanta più diligenza nell’intelletto raccoglierai, tanto più di sanità recheranno alla tua infermità: come che nel vero io non sappia assai bene da qual parte io mi debbia cominciare a ragionare