Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/232

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feso, mi credetti altra morte fare che di cristiano: nè altrimenti posso dire del lezzo caprino, il quale quando da caldo, e quando da fatica tutta la corporea massa incitata geme e spira; questo è tanto e tale, che con l’altre cose già dette raccolto, sì fanno il covacciolo sentir del leone, che nelle Chiane di mezza state con molta meno noia dimorerebbe ogni schifo, che vicino a quello: perchè se tu e gli altri che le gatte in sacco andate comperando, spesse volte rimanete ingannati, niuno maravigliar se ne dee. E per questa cagione sola, avendo tu il viso, come gli altri, più diritto alla apparenza che alla esistenza, forse meno se’ da riprendere, quantunque a te più si convenga, che a molti altri, più la verità che l’opinion delle cose seguire: la quale poichè veduta avessi, e dalla opinione non ti rimovessi, oltre ad ogni altra bestia, che umana forma porti, saresti da riprendere: e io, secondo che io mi credo, ancora che brieve abbia parlato, avendo rispetto al molto che si può dire, sì aperta t’ho la verità, che forse t’era nascosa, che se dal tuo error non ti rimovessi, oltre ad ogni altra bestia dovresti bestia esser tenuto. Io lascio cose assai a dire, per voler venire a quel dolore al quale ieri t’avea condotto la tua follia: e acciocchè io ti possa ben dimostrare come tu eri folle, aggiugnendo le cose vecchie con le nuove, alquanto di lontano mi piace di cominciare. Mostrato t’ho in assai cose quanta e quale sia stata la eccellenza dell’animo di costei, e i suoi costumi: e assai cose de’ molti suoi anni t’avrei dette, s’io t’avessi per sì smemorato, che nel suo viso non gli avessi compresi: nè t’ho nascose quelle parti, che la tua concupiscenza non meno tirava ad a-