Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/235

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riducersi, acciocchè quivi, vedova e sola, in orazione e in usare la chiesa, il rimanente della sua età consumasse; e fu tanta la forza di questo suo infinito parlare, e sì maestrevolmente il seppe dire, che assai furono di quelle persone sì semplici, che così ebbono per fermo che dovesse addivenire come dicea, come hanno che morir debbano. Appropinquossi adunque quanto più potè alla chiesa de’ frati, nella quale tu prima la conoscesti, non già per dire orazioni, delle quali niuna credo che sappi, nè di saper curasse giammai, ma per poter meglio, senza avere troppi occhi addosso, e massimamente di persone alle quali del suo onore calesse, le sue libidinose volontà compiere: acciocchè, dove ogn’altro uomo le venisse meno, i frati, che santissimi e misericordiosi uomini sono e consolatori delle vedove, non le venissero meno. Quivi, secondo che tu puoi avere udito, con suo mantello nero in capo, e secondo ch’ella vuole che si creda, per onestà molto davanti agli occhi tirato, va faccendo baco baco a chi la scontra: ma pure, se bene v’hai posto mente, ora quello apre, ora il richiude, non sappiendosi ancora dell’usate vanità rimanere; e quasi ad ogni parola in giù si tira le bende dal mento, o caccia la mano fuori del mantello, parendogliele bellissima avere, e massimamente sopra ’l nero. Uscita adunque di casa, così coperta se n’entra nella chiesa; ma non vorrei che tu credessi per udire divino uficio o per adorare v’entrasse, ma per tirare l’aiuolo: perciocchè sappiend’ella, ch’è già lungo tempo, che quivi d’ogni parte della nostra terra concorrono giovani prodi e gagliardi e savi, come le piacciono, di quella ha fatto uno escato, come per pigliare i colombi fanno gli uccellato-