Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/248

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ben porrai mente a ogni cosa. Ma tu rificchi pur gli occhi della mente a una cosa, della qual ti pare avere molto disavvantaggio da lei, e di che io niuna menzion feci, quando l’altre andai ragguagliando; e avvisi che quella sia la cagione per la quale tu schifato sii, cioè che a te pare, che ella gentildonna sia, dove a te non pare essere così; il che presumendo che così fosse, non perciò saresti lasciato, se guardi a chi è il secondo Ansalone, che è cotanto nella sua grazia, e se appieno di tutti gli altri guardando verrai. Ma in ciò mi pare che tu erri, e gravemente: primieramente in ciò che tu, lasciando il vero, seguiti l’opinione del popolazzo, il quale sempre più alle cose apparenti che alla verità di quelle dirizzano gli occhi. Ma non sai tu qual sia la vera gentilezza e quale la falsa? Non sai tu che cosa sia quella che faccia l’uomo gentile, e quale sia quella che gentile esser nol faccia? Certo sì ch’io so che tu ’l sai: nè niuno è si giovinetto nelle filosofiche scuole che non sappia, noi da un medesimo padre e da una madre tutti avere i corpi e l’anime tutte eguali, e da un medesimo creatore: nè niuna cosa fa l’uomo gentile, e l’altro villano, se non che avendo ciascuno parimente il libero arbitrio a quello operare che più gli piacesse, colui che la virtù seguitò fu detto gentile, e gli altri per contrario, seguendo i vizi, furono non gentili reputati: dunque da virtù venne prima gentilezza nel mondo. Vieni ora tu tra i suoi moderni, e ancora tra i suoi passati cercando, e vedrai quante di quelle cose, e in quanti tu ne troverai che facciano gli uomini gentili. L’avere avuto forze, che in loro vennono da principio da feconda prole, che è natural dono e non vir-