Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/252

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niuno può poi rilevarsi. Al quale io allora dissi: Dio, che solo i cuori degli uomini vede e conosce, sa se io dolente sono e pentuto del male commesso, e se io così col cuore piango come con gli occhi: ma che per contrizione e per satisfazione tu in isperanza di salute mi metti, avendo io già l’una, carissimo mi sarebbe d’essere da te ammaestrato di ciò che a me s’appartenesse di fornir l’altra. Al quale esso rispose: a volere de’ falli commessi satisfare interamente, si conviene a quello che fatto hai operare il contrario; ma questo si vuole intendere sanamente. Ciò che tu hai amato, ti conviene avere in odio, e ciò che tu per l’altrui amore t’eri a voler fare disposto, a fare il contrario, sì che tu odio acquisti, ti conviene disporre: e odi come, acciocchè tu stesso, male intendendo le parole da me ben dette, non t’ingannassi. Tu hai amata costei perchè bella ti pareva, perchè dilettevole nelle cose libidinose l’aspettavi. Voglio che tu abbi in odio la sua bellezza in quanto di peccare ti fu cagione, o essere ti potesse nel futuro: voglio che tu abbi in odio ogni cosa che in lei in così fatto atto dilettevole la stimassi: la salute dell’anima sua voglio che tu ami e disideri; e dove per piacere agli occhi tuoi andavi desiderosamente dove veder la credevi, che tu similmente questo abbi in odio, e fugghitene: voglio che dell’offesa fattati da lei tu prenda vendetta, la quale ad una ora a te e a lei sarà salutifera. Se io ho il vero già molte volte inteso, ciascuno che in quello s’è dilettato di studiare, o si diletta, che tu sai ottimamente, eziandio mentendo, sa cui li piace tanto famoso e sì glorioso render negli orecchi degli uomini che, chiunque di quel cotale niuna cosa ascolta, lui e per virtù e per meriti sopra i cieli esti-