Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/35

Da Wikisource.

NOVELLA III. 31

danes non iscusando il suo desiderio perverso, ma commendando l’onesta scusa da Natan trovata, ad esso ragionando pervenne a dire sè oltre modo maravigliarsi come a ciò si fosse1 Natan potuto disporre, e a ciò dargli modo e consiglio. Al quale Natan disse: Mitridanes, io non voglio che tu del mio consiglio e della mia disposizione ti maravigli, perciocchè, poichè io nel mio arbitrio2 fui e disposto a fare quello medesimo che tu hai a fare impreso, niun fu, che mai a casa mia capitasse, che io noi contentassi a mio potere di ciò che da lui mi fu domandato. Venistivi tu vago della mia vita: per che, sentendolati domandare, acciocchè tu non fossi solo colui che senza la sua dimanda di qui si partisse, prestamente diliberai di donarlati; e acciocchè tu l’avessi, quel consiglio ti diedi che io credetti che buon ti fosse ad aver la mia e non perder la tua; e perciò ancora ti dico e priego che, s’ella ti piace, che tu la prenda e le medesimo ne soddisfaccia: io non so come io la mi possa meglio spendere. Io l’ho adoperata già ottanta anni, e ne’ miei diletti e nelle mie consolazioni usata, e so che, seguendo il corso della natura, come gli altri uomini fanno e generalmente tutte le cose, ella mi può omai piccol tempo esser lasciata: per che io giudico molto meglio esser quella donare, come io ho sempre i miei tesori donati e spesi, che tanto volerla guardare, che ella mi sia contro a mia voglia tolta dalla natura. Piccol dono è donare cento anni: quanto adunque è minore donarne sei o otto che io a star ci abbia? Prendila adunque, se

  1. Come a ciò fosse, Mannelli e Salviati.
  2. Arbitrio, gli editori del 27 e que’ del 7S: albitrio. Mannelli e Salviati.