Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/137

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da’ cavalieri, nè era alcuno edificio che con grave pietra rompesse le serrate porte; e se forse tra loro era alcuna piccola guerra, la mano ignuda combatteva, e li rozzi rami degli alberi e le pietre si convertivano in armi. Nè ancora era la sottile e lieve asta di cornio armata di ferro nell’acuto spuntone, nè la tagliente spada cigneva lato alcuno, nè la comante cresta ornava i lucenti elmi; e quello che piú e meglio era a costoro, era Cupido non essere ancora nato, per la qual cosa li casti petti, poi da lui pennuto e per lo mondo volante stimolati, potevano vivere sicuri.

Deh, or m’avesse Iddio donata a cotal mondo, la gente del quale, di poco contenta e di niente temente, sola selvatica libidine conosceva! E se niuno di cotanti beni quanti essi possedevano non me ne fosse seguito, altro che non aver cosí affannoso amore e cotanti sospiri sentito, come io sento, sí sarei io da dire piú felice che quale io sono ne’ presenti secoli pieni di tante delizie, di tanti ornamenti e di cotante feste. Ohimè! Che l’empio furore del guadagnare, e la strabocchevole ira, e quelle menti, le quali la molesta libidine di sè accese, ruppero li primi patti cosí santi, cosí agevoli a sostenere, dati dalla natura alle sue genti. Venne la sete del signoreggiare, peccato pieno di sangue, e il minore diventò preda del maggiore, e le forze si diedero per leggi, venne Sardanapallo, il quale Venere, ancora che dissoluta da Semiramis fosse fatta, primieramente la fe’ dilicata, dando a Cerere e a Bacco forme ancora da loro non conosciute; venne il battaglievole Marte, il quale trovò nuove arti e mille forme alla morte, e quinci le terre tutte si contaminarono di sangue, e il mare similmente ne diventò