Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/162

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ma, posta in luogo di pesante piombo o di pietra nella concava fionda, tu sia intra li nemici gittata, nè al tuo lacerato corpo sia dato o fuoco o sepultura, ma, diviso e sbranato, sazii gli agognanti cani, li quali io priego che, poi che consumate avranno le molli polpe, delle tue ossa commettano asprissime zuffe, acciò che, rapinosamente rodendole, te di rapina dilettata in vita dimostrino. Niuno giorno, niuna notte, niuna ora sarà la mia bocca senza esser piena delle tue maladizioni, nè a questo mai si porrà fine: prima si tufferà la celestiale Orsa in Oceano, e la rapace onda della ciciliana Cariddi starà ferma, e taceranno li cani di Silla, e nell’Ionio mare surgeranno le mature biade, e l’oscura notte darà nelle tenebre luce, e l’acqua con le fiamme, e la morte con la vita, e il mare co’ venti saranno concordi con somma fede; anzi, mentre che Gange durerà tiepido e l’Istro freddo, e li monti porteranno le querce, e li campi li morbidi paschi, con teco avrò battaglie. Nè finirà la morte questa ira, anzi tra li morti spiriti seguitandoti, con quelle ingiurie che di là s’adoperano m’ingegnerò di noiarti. E se tu forse a me sopravvivi, quale che si sia della mia morte il modo, dovunque il misero spirito se n’andrà, di quindi a forza m’ingegnerò di scioglierlo, e in te entrando, furiosa ti farò divenire non altramente che sieno le vergini dopo il ricevuto Apollo; o vegnendo nel tuo cospetto, vegghiando, orribile mi vedrai, e ne’ sonni spaventevole sovente ti desterò nelle tacite notti; e, brievemente, ciò che tu farai, continuamente volerò dinanzi agli occhi tuoi, e lamentandomi di questa ingiuria, te in niuna parte lascerò quieta; e così, mentre viverai, da cotal furia, me operante, sarai