Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/186

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mano lieti mostravano come gli ardenti cavalli con ispumante freno si debbano reggere. Le giovini donne, vaghe di queste cose, inghirlandate delle nuove frondi, lieti sguardi porgevano a’ loro amanti, ora dall’alte finestre e quando dalle basse porte, e quale con nuovo dono, e tale con sembiante, e tale con parole confortava il suo del suo amore.

Ma me sola solitaria parte teneva quasi romita, e sconsolata per la fallita speranza, de’ lieti tempi avea noia. Niuna cosa mi piaceva, nulla festa mi poteva rallegrare, nè conforto porgere pensiero nè parola; niuna verde fronda, niuno fiore, niuna lieta cosa toccavano le mie mani, nè con lieto occhio le riguardava. Io era divenuta dell’altrui letizie invidiosa, e con sommo disiderio appetiva che ciascuna donna così fosse da Amore e dalla Fortuna trattata come io era. Ohimè! con quanta consolazione più volte già mi ricorda d’avere udite le miserie e le disavventure degli amanti nuovamente avvenute!

Ma mentre che in questa disposizione mi tenevano dispettosa gl’iddii, la Fortuna ingannevole, la quale alcuna volta per affliggere con maggior doglia li miseri loro nel mezzo dell’avversità quasi mutata si mostra con lieto viso, acciò che essi più abandonandosi a lei caggiano maggiore stoscio cessando la sua letizia (li quali, se come folli s’appoggiano allora ad essa, cotali abbattuti si trovano, quale il misero Icaro nel mezzo del camino, presa troppa fidanza nelle sue ali, salito all’alte cose, da quelle nell’acque cadde del suo nome ancora segnate); questa, me sentendo di quelli, non contenta de’ dati mali apparecchiandomi peggio, con falsa letizia indietro trasse le cose avverse e il suo corruccio, acciò che,