Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/36

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forza, però che chi nel principio bene contrastette, cacciò il villano amore, e sicuro rimase e vincitore; ma chi con lunghi pensieri e lusinghe il nutrica, tardi può poi ricusare il suo giogo, al quale quasi volontario si sommise.

Ohimè - dissi io allora - quanto sono più agevoli a dire queste cose che a menarle ad effetto!

Come ch’elle sieno a fare assai malagevoli, pure possibili sono, - disse ella - e fare si convengono. Vedi se l’altezza del tuo parentado, la gran fama della tua virtù, il fiore della tua bellezza, l’onore del mondo presente, e tutte quell’altre cose che a donna nobile debbono essere care, e sopra a tutte la grazia del tuo marito, da te tanto amato e tu da lui, per questa sola di perdere disideri. Certo volere nol dei, nè credo che ’l vogli, se savia teco medesima ti consigli. Dunque, per Dio, ritienti, e i falsi diletti promessi dalla sozza speranza caccia via, e con essi il preso furore. Io supplicemente, per questo vecchio petto e nelle molte cure affaticato, dal quale tu prima li nutritivi alimenti prendesti, ti priego che tu medesima t’aiuti, e alli tuoi onori provvegga, e li miei conforti in questo non rifiutare: pensa che parte della sanità fu il volere essere guarita.

Allora cominciai io: O cara nutrice, assai conosco vere le cose che narri; ma il furore mi costrigne a seguitare le piggiori, e l’animo consapevole, e ne’ suoi disideri strabocchevole, indarno li sani consigli appetisce; e quello che la ragione vuole è vinto dal regnante furore. La nostra mente tutta possiede e signoreggia Amore con la sua deità, e tu sai che non è sicura cosa alle sue potenzie resistere.

E questo detto, quasi vinta, sopra le mie braccia ricaddi. Ma ella, alquanto più che prima turbata, con voce più rigida cominciò tali