Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/56

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mi torna quello che ora, in tanta gioia con teco stando, mi vi tornò, e cioè solamente il pensare che di me far due non posso, com’io vorrei, acciò che ad Amore e alla debita pietà ad un’ora satisfare potessi qui dimorando, e là dove necessità strettissima mi tira per forza, andando. Dunque non potendosi, in afflizione gravissima il mio cuore misero ne dimora, sì come colui che da una parte traendo pietà, è fuori delle tue braccia tirato, e dall’altra in quelle con somma forza da Amore ritenuto.

Queste parole m’entrarono nel misero cuore con amaritudine mai non sentita, e ancora che bene non fossero prese dallo intelletto, nondimeno quanto più di quelle ricevevano le orecchie attente a’ danni loro, tanto più in lagrime convertendosi m’uscivano per gli occhi, lasciando nel cuore il loro effetto nemico. Questa fu la prima ora, che io sentii dolori al mio piacer più nimichevoli; questa fu quell’ora, che senza modo lagrime mi fece spandere, mai prima da me simili non sparte; le quali niuna sua parola, nè conforto, di che assai era fornito, poteva ristringere. Ma poi che per lungo spazio ebbi pianto amaramente, quanto potei ancora il pregai che più chiaro qual pietà il traeva delle mie braccia mi dimostrasse; onde egli, non ristando però di piangere, così mi disse: La inevitabile morte, ultimo fine delle cose nostre, di più figliuoli nuovamente me solo ha lasciato al padre mio, il quale d’anni pieno e senza sposa, solo d’alcuno mio fratello sollecito a’ suoi conforti rimaso, senza speranza alcuna di più averne, me a consolazione di lui, il quale egli già sono più anni passati non vide, richiama a rivederlo. Alla qual cosa fuggire per non lasciarti, già sono più