Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/61

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se’ ora pietoso, non ti diede al mondo perchè tu stesso divenissi cagione di tortene. E chi dubita che, se a lui fosse la nostra condizione licito di scoprire, che egli, essendo savio, non dicesse piuttosto: Rimanti che Vieni? E se a ciò discrezione non lo inducesse, egli ve lo inducerebbe pietà; e questo credo che assai ti sia manifesto. Dunque fa’ ragione che quel giudicio che egli darebbe, se la nostra causa sapesse, che egli l’abbia saputa e dato, e per la sua medesima sentenza lascia stare questa andata, a me e a te parimente dannosa.

Certo, carissimo signor mio, assai possenti cagioni sono le già dette da doverle seguire, e rimanerti, considerando ancora dove tu vai; chè, posto che colà vadi ove nascesti, luogo naturalmente oltre ad ogni altro amato da ciascuno, nondimeno, per quello che io abbia già da te udito, egli t’è per accidente noioso, però che, sì come tu medesimo già dicesti, la tua città è piena di voci pompose e di pusillanimi fatti, serva non a mille leggi, ma a tanti pareri quanti v’ha uomini, e tutta in arme, e in guerra, così cittadina come forestiera, fremisce, di superba, avara e invidiosa gente fornita, e piena di innumerabili sollecitudini: cose tutte male all’animo tuo conformi. E quella che di lasciare t’apparecchi so che conosci lieta, pacifica, abondevole, magnifica, e sotto ad un solo re: le quali cose, se io alcuna conoscenza ho di te, assai ti sono gradevoli; e oltre a tutte le cose contate, ci sono io, la quale tu in altra parte non troverai. Dunque, lascia l’angosciosa proposta, e, mutando consiglio, alla tua vita e alla mia insieme, rimanendo, provvedi; io te ne priego.

Le mie parole in molta quantità le sue lagrime aveano