Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/78

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ingannata! E come, ancora che ingannata fossi, mi giovava di loro vedere! Li quali, se il loro aspetto non mi mentiva, io gli vedea della mia compassione medesima pieni, e quasi del loro compagno rimasi soli, mi pareano non così lieti come soleano. Oh, che voler fu più volte il mio di dimandarli che fosse del loro compagno, se la ragione non m’avesse tenuta! Ma certo la fortuna in ciò alcuna volta mi fu benigna, chè, non credendo essi di lui in alcuno luogo essere da me intesi, dissero la sua tornata essere vicina. Quanto ciò mi piacesse, invano mi faticherei ad esprimerlo. E in questa maniera, con cotali pensieri e con così fatte opere e con molte altre a queste simili m’ingegnava di trapassare li giorni, a me nella loro piccolezza gravosi, la notte appetendo, non perchè io a me più utile la sentissi, ma perchè, venuta, meno era del tempo a trapassare.

Poi che ’l dì, le sue ore finite, era dalla notte occupato, nuove sollecitudini le più volte mi s’apprestavano. Io dalla mia puerizia nelle notturne tenebre paurosa, accompagnata da Amore era divenuta sicura; e sentendo già nella mia casa ciascuno riposare, sola alcuna volta là onde la mattina il sole montante avea veduto, me ne saliva, e quale Arunte tra’ bianchi marmi de’ monti Lucani i corpi celesti e i loro moti speculava, cotale io la notte lunghissime ore traente, sentendo alli miei sonni le varie sollecitudini essere nemiche, da quella parte il cielo mirava, e i suoi moti più ch’altri veloci, meco tardissimi reputava. E alcuna volta vòlti gli occhi attenti alla cornuta luna, non che alla sua ritondità corresse, ma più acuta l’una notte che l’altra la giudicava, tanto era