Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/10

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6 il filocolo

nel quale il glorioso partimento del figliuolo di Giove dagli spogliati regni di Plutone si celebrava, io, della presente opera componitore, mi trovai in un grazioso e bel tempio in Partenope, nominato da colui che per deificarsi sostenne che fosse fatto di lui sacrificio sopra la grata, e quivi con canto pieno di dolce melodia ascoltava l’uficio che in tale giorno si canta, celebrato da’ sacerdoti successori di colui che prima la corda cinse umilemente esaltando la povertade e quella seguendo. Ove io dimorando, e giá essendo, secondo che il mio intelletto stimava, la quarta ora del giorno sopra l’orientale orizzonte passata, apparve agli occhi miei la mirabile bellezza della prefata giovane, venuta in quello loco a udire quel che io attentamente udiva: la quale sí tosto com’io ebbi veduta, il cuore incominciò sí forte a tremare, che quasi quel tremore mi rispondeva per li menomi polsi del corpo smisuratamente; e non sappiendo per che, né ancora sentendo quello che egli giá s’imaginava che avvenire gli doveva per la nuova vista, incominciai a dire: «Oimè! o che è questo?»; e forte dubitava non altro accidente noioso fosse. Ma dopo alquanto spazio, rassicurato un poco, presi ardire, e intentivamente cominciai a rimirare ne’ begli occhi dell’adorna giovane; ne’ quali io vidi, dopo lungo guardare, Amore in abito tanto pietoso, che me, il quale lungamente a mia instanzia aveva risparmiato, fece tornare disideroso d’essergli per cosí bella donna soggetto. E non potendomi saziare di rimirare quella, cosí cominciai a dire:

«Valoroso Signore, alle cui forze non poterono resistere gl’iddii, io ti ringrazio, perciò che tu hai posta dinanzi agli occhi miei la mia beatitudine: e giá il freddo cuore, sentendo la dolcezza del tuo raggio, si comincia a riscaldare. Adunque io, il quale ho la tua signoria lungamente temendo fuggita, ora ti priego che tu, mediante la virtú de’ begli occhi ove sí pietoso dimori, entri in me con la tua deitade. Io non ti posso piú fuggire, né di fuggirti disidero, ma umile e divoto mi sottometto a’ tuoi piaceri». Io non aveva dette queste parole, che i lucenti occhi della bella donna scintillando guardarono