Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/133

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libro secondo 129

parte gli dava della sua forza. Di che Ascalione, lodando la sua leggerezza, si maravigliò molto; ed essendo giá egli medesimo armato, tutto solo se ne andò alla stalla, e messe le selle e’ freni a due forti cavalli, li menò nella sua corte; e quivi vestito Florio e sé di due sopravveste verdi, e prese due grosse lance con due pennoncelli ad oro lavorati e seminati di vermiglie rose, ciascuno la sua, montarono i cavalli e senza piú dimorare presero il cammino verso la Braa.

Giá Febea con iscema ritonditá teneva mezzo il cielo, quando Florio e Ascalione, lasciando la cittá, cominciarono a cavalcare pe’ solinghi campi. Ella porgeva loro col freddo raggio grande aiuto, però ch’ella mitigava il caldo che le gravi armi porgevano, e massimamente a Florio, il quale di tal peso non era usato, e poi faceva loro la via aperta e manifesta: di che Florio molto si rallegrava, perché giá gli pareva avere incominciato a ricevere l’impromesso aiuto degl’iddii. E piú si rallegrava imaginando che egli s’appressava al luogo dove egli vedrebbe la sua Biancofiore in pericolo, e iscampata da quello per la sua virtú. Ma non volendosi tanto alle sue forze rifidare, quanto all’aiuto degl’iddii, volto verso la figlia di Latona, cosí cominciò a dire: «O graziosa dea, i cui beneficii io sento continuamente, laudata sia; tu alleviando la mia madre di me, piegandoti a’ suoi prieghi, le mi donasti, degna allegrezza dopo il ricevuto affanno. Adunque, poi che per te nel tempestoso mondo venni, aiutami nelle sue avversitá, e priegoti pe’ tuoi casti fuochi, i quali giá ne’ miei teneri anni debitamente coltivai, che come tu hai nel mio aiuto incominciato, cosí perseveri. Oh! ricordati quando tu giá ferita di quello strale di che ora io sono, ardesti di quel foco del quale io ardo; e priegoti per le oscure potenze de’ tuoi regni, ne’ quali mezzi tempi dimori, che tu domani, dopo la mia vittoria, prieghi il tuo fratello che col suo luminoso e fervente raggio mi renda alle abbandonate case, onde tu ora col tuo freddo mi togli. Tu m’hai porta speranza del futuro soccorso degl’iddii col tuo principio, ond’io con piú ardita fronte il dimando. E te, o sommo prencipe delle celestiali armi, priego