Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/160

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156 il filocolo

quale niuna resistenza valse che non partisse la testa dal busto, e cadde morto. Florio, vedendo il colpo, saltò tantosto a terra dal cavallo, e acceso d’ira, tratta fuori la celestiale spada, andò verso lui, e sí forte col petto l’urtò, che e’ credette di averlo fatto cadere; ma egli forte si ritenne pettoreggiando lui, non lasciandolo da quella volta in lá piú accostare, ma ferendolo continuamente di grandi e spessi colpi. Florio riceveva sopra il rilucente scudo le molte percosse, quasi lui poco o niente ferendo; ma, stando sempre in riguardo, intendea di volere tutti i suoi colpi in uno recare, acciò che per molto ferire la celestiale spada non fosse avvilita. E quando loco e tempo gli parve, avvisandolo in quella parte della gola la ove la lancia avea le armi guaste, alzato il braccio, si forte il ferí, che alcuna arme non gli giovò che egli non gli ficcasse la spada assai nelle gnude carni: e se il colpo fosse stato traverso, sí come fu diritto, opinione fu di tutti che tagliata gli avrebbe la testa. Per quel colpo cadde il siniscalco, e tutti credettero fermamente che egli fosse morto: per la qual cosa il romore si levò grande: «Morto è il siniscalco, e liberata è Biancofiore»; e di ciò tutti rendevano grazie agl’iddii e facevano festa. Mentre il gran romore si faceva, il siniscalco, che per quel colpo morto non era, ma stordito, si dirizzò tacitamente, e salito sopra un cavallo, il quale apparecchiato gli fu, incominciò a fuggire. Ma Florio, che verso Biancofiore se n’era andato, voltato per lo romore che la gente gli facea dietro vedendolo fuggire, quasi niente gli parea aver fatto, però che morto il credeva avere lasciato: allora mise mano al suo arco, un poco in se medesimo turbato, e postavi la saetta, l’aperse, saettandogli appresso, e disse: «Senza mio affanno questa ti giungerá piú tosto che tu non credi». E lui fuggente ferí dietro nelle reni, nulla arme faccendo alcuna resistenza a quel colpo, ma, passando dentro, mortalmente il piagò. Onde il siniscalco, sentendo il duolo, quivi si fermò, dove Florio tutto appiè venuto il prese per la irsuta barba, e tirandolo villanamente a terra del cavallo, infino all’acceso foco, nel cospetto di Biancofiore, cui Marte aveva