Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/291

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libro quarto 287

compagni». E poi ch’egli aveva per lungo spazio cosí detto, con piú pietosa voce alzava il viso mirando il turbato cielo, e diceva: «O sommo Giove, venga la tua luce alla sconsolata gente, per la quale i non conosciuti cammini del tuo fratello ci si manifestino! Aiuta il tuo popolo che solo in te spera, e, senza guardare a’ nostri meriti, con pietoso aspetto alla nostra necessitá ti rivolgi, e se lecito non ci è di poter la dimandata isola prendere con le nostre ancore, prenda la giá non piú nave, senza pericolo di noi, qualunque altro porto. Umilia il tuo fratello a cui niuna ingiuria facemmo mai. Movasi la tua pietá a’ nostri prieghi: non resistano i nostri commessi difetti, i quali sí come uomini continuo adoperiamo. E tu, o sommo iddio, a cui non ha tre dí passati, o forse quattro, feci debiti sacrificii, aiutaci, e la impromessa fatta dalla santa bocca non mettere in oblio. Non si conviene agl’iddii essere fallaci, né possibile è che siano; ma cessi che cosí la tua promessa mi sia attenuta, come quella di Giove fu a Palinuro. Io non men tosto disidero di prendere altri liti, se possibile non è d’avere questi, che per tal maniera la promessione ricevere. O santa Venere, aiutami nel tuo natal luogo. Non mi far perire lá ove tu nascesti, e dove tu piú forza che in altra parte devi avere. Ricordati della mia diritta fede. Cessino per lo tuo aiuto questi venti, e manifesticisi la bellezza del bel nido di Leda e la figliuola di Latona, e i mari, che di sé fanno spumose montagne, nelle sue usate pianezze riduci. Vedi che niuno di noi non può piú; solo il vostro soccorso sostiene le nostre speranze: quello solo attendiamo. Non s’indugi: l’albero e le vele e i timoni e le sartie da’ venti e dall’onde ci sono state tolte. I tuoni e le spaventevoli corruscazioni e le gravi acque cadenti dal cielo e mosse da’ venti ci hanno i nocchieri e i marinari e noi vinti, e renduti impossibili a piú aiutarci: in tempestoso mare, senza guida e in sconosciuto luogo, abbandonato da ogni speranza, per li tuoi servigi cosí mi ritrovo».

Gli altri compagni di Filocolo tutti piangevano, e nulla salute speravano, ma dal fiero colpo d’Atropos, il quale vicino