Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/290

Da Wikisource.
286 il filocolo

cominciò a dolere, dicendo cosí: «O fortuna, sazia di me omai la tua iniqua volontá. Assai ti sono stato trastullo, assai di me hai riso. Ora in alto e ora in basso stato non pensare piú di recarmi a quell’ultimo male che continuamente hai disiderato: fallo tosto. Non m’indugiare piú la morte, poi che tu la mi disideri: ma se esser puote, io solo la morte riceva, acciò che costoro, i quali per me ingiustamente li tuoi assalti ricevono, non sofferiscano senza peccato pena. I tuoi innumerabili pericoli tutti, fuori che questo, m’hai fatti provare, e in questo, il quale ancora non avea provato, ogni tua noia si contiene: adunque sia questo, come maggiore, a me per fine riservato nelle mie miserie. A questo niuna cosa peggiore mi può seguire se non morte. Io la disidero: mandalami, acciò che gli altri campino, e la tua voglia s’adempia e i miei dolori si terminino. Sazisi ora ogni tua voglia, e in questo finiscano le tue fatiche e i miei danni. O miseri parenti rimasti senza figliuolo, confortatevi, ché piú aspro fine gli seguita che voi non gli dimandavate. Egli è ora nelle reti tese da voi miseramente incappato. Le vostre operazioni in questa notte avranno fine, e la vostra letizia non vedrá il morto viso, il quale vivo invidiosi lagrimato avete. Solo in questo m’è benigna la fortuna, e in questo la ringrazio, che sí incerta sepoltura mi donerá, che né vivo né morto mai ai vostri occhi mi ripresenterò: però che se mi odiate, come le vostre operazioni hanno mostrato, senza consolazione in dubbio viverete della mia vita; se mi amate, come figliuolo da’ parenti deve essere amato, la fortuna, rapportatrice de’ mali, morto mi vi paleserá senza indugio, e allora potrete conoscere voi debita pena portare del commesso male. Ma la mia opinione solo questa consolazione ne porterá con l’anima al leggero legnetto di Caronte, pensando che la vostra vecchiezza in dolore si consumerá, la quale non consentí che io lieto usassi i miei giovani anni. O Nettunno, perché tanto t’affanni per avere la mia anima? Copri la trista nave se possibile è, e me solo in te ne porta. Finisci il tuo disio e le mie pene ad un’ora: non noccia il mio infortunio agl’innocenti