Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/31

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libro primo 27

quando Lelio, sentito il loro mormorio e veduta la loro dubitanza, si voltò ad essi con pietoso aspetto, cosí parlando: Nobilissimi giovani e cari amici e compagni, che avete infino a questi luoghi seguiti i miei passi, faccendo me duce e principale capo di tutti voi, non per dovere, ma, essendone perfetto amore, mediante cagione, a’ miei orecchi sono pervenute le tacite parole, le quali tra voi della non conosciuta gente, che a’ nostri occhi giú per lo monte si manifesta, avete dette. Ond’io, essendo stato di voi ne’ prosperevoli passi lieto conducitore, ne’ dubbiosi non sosterrò, in quanto in piacere vi sia, essere voi per alcun altro condotti; ma, prendendo in questo caso luogo di franco e vero duce, prima il mio avviso vi narrerò, e poi i miei passi secondo il vostro consiglio proseguirò. Quando da prima agli occhi miei, per le parole di Giulia, queste genti che noi veggiamo corsero, incontanente, considerando il loco dove noi siamo, due pensieri nella mente mi vennero: l’uno de’ quali fu che costoro, bisognosi delle mondane ricchezze, veggendo il nostro arnese abbondante e forse avendone manifesto indizio, mossi si fossero e venissero per volere del tutto privarcene. La qual cosa se avviene che cosí sia, niuna resistenza si faccia loro a lasciarle prendere, ma liberamente di piano patto sia tutto l’oro donato, perciò che, lodando Colui che di questo e degli altri beni è donatore, le nostre case sono in Roma copiose di molto oro, e però a loro forse questo ancora fia molto e a noi poco sarebbe. L’altro pensiero fu questo, il quale molto piú che ’l primo mi spaventò, che io dubitai molto che costoro non recassero nelle loro mani la nostra morte, però che noi dimoriamo in quelle parti nelle quali ha piú perseguitori della nostra novella e santa legge, che quasi in niuna altra del mondo; e ora me ne accerta piú il vedere il modo per lo quale essi discendono a noi, ché voi vedete che essi vengono con grandissime bandiere spiegate e con terribile romore, il quale andare non suole esser de’ predoni. E però a quest’ultimo, piú che al primo pensando, e nella mia mente ogni via esaminata, niuna utile per noi ne trovo, perciò che, sí come voi vedete, il voler