Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/312

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308 il filocolo

remo che maggior dolore sentiva quella che il suo amante aveva perduto senza speranza di riaverlo, ché, posto che agevole sia perdere cosa impossibile da riavere, nondimeno e’ si suoi dire: ‛Chi bene ama mai non oblia’, che l’altra, la quale se bene riguardiamo, poteva sperare d’adempiere per inanzi quello che adietro non aveva potuto fornire: e gran mancamento di duoli è la speranza! Ella ebbe forza di tener casta e meno trista lungamente in vita Penelope».

Quistione III.

Alla destra mano di Longano sedeva una bellissima donna piacevole assai, la quale, come quella quistione sentí per la loro reina essere terminata, cosí con dolce favella cominciò a parlare: «Inclita reina, diano le vostre orecchie alquanto udienza alle mie parole, e poi per quelli iddii che voi adorate, e per la potenza del nostro giuoco, vi priego che utile consiglio diate a’ miei dimandi. Io di nobili parenti discesa, sí come voi sapete, nacqui in questa cittá, e fui di nome piena di grazia nominata, avegna che il mio soprannome Cara mi rappresenti agli uditori. E sí come nel mio viso si vede, ricevetti dagl’iddii e dalla natura di bellezza singulare dono, la quale, il mio nome seguendo piú che il mio soprannome, ho adornata d’infinita piacevolezza, benigna mostrandomi a chi quella s’è dilettato di rimirare: per la qual cosa molti si sono ingegnati d’occupare gli occhi miei del loro piacere, a’ quali tutti ho con forte resistenza riparato, tenendo il core fermo a tutti li loro assalti. Ma però che ingiusta cosa mi pare che io sola la legge, da tutte l’altre servata, trapassassi, cioè di non amare, essendo da molti amata, ho proposto d’innamorarmi. E posponendo dall’una delle parti molti cercatori di tale amore, de’ quali alcuno di ricchezza avanza Mida, altri di bellezza Assalon trapassa, e tali di gentilezza, secondo il corrotto volgare, piú ch’altri sono splendenti, ho io scelti tre, che egualmente ciascuno per sé mi piace: de’ quali