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392 il filocolo

de’ bisanti la quantitá, nel principio del quale il castellano disse a Filocolo: «Giovane, io ti priego e scongiuro per la potenza di tutti gl’iddii, che tu giuochi come tu sai il meglio, né, sí come hai infino a qui fatto, risparmiarmi». Filocolo rispose: «Signor mio, male può il discepolo col maestro giocare senza essere vinto; ma poi che vi piace, io giocherò sí come saprò». Incominciasi il terzo giuoco, e giocato per lungo spazio, Filocolo n’ha il meglio: e il castellano, ciò conoscendo, incominciasi a crucciare, e a tignersi nel viso, e assottigliarsi se potesse il giuoco per maestria recuperare. Ma quanto piú giuoca, tanto piú ne ha il peggio. Filocolo gli leva con un alfiere il cavaliere, e dagli scacco. Il castellano. per questo tratto crucciato oltre misura, piú della perdita de’ bisanti che del giuoco, diè delle mani negli scacchi, e quelli e lo scacchiere gittò per terra. Questo vedendo Filocolo disse: «Signor mio, però che usanza è de’ piú savi il crucciarsi a questo giuoco, io voi meno savio non reputo, perché contro gli scacchi crucciato siete. Ma se voi aveste bene riguardato il giuoco, prima che guastatolo, voi avreste conosciuto che io era in due tratti matto da voi. Credo che ’l vedeste, ma per essermi cortese, mostrandovi crucciato, voleste avere il giuoco perduto, ma ciò non fia cosi: questi bisanti sono tutti vostri». E mostrando di volere i suoi adeguare alla quantitá di quelli del castellano, bene tre cotanti ve ne mise de’ suoi, i quali il castellano, mostrandosi d’intendere ad altre parole, gli prese dicendo: «Giovane, io ti giuro, per l’anima di mio padre, che io ne’ miei giorni con molti ho giocato, e mai non trovai chi a questo giuoco mi mattasse se non tu; e similmente piú cortese giovane di te non trovai ne’ giorni miei». Filocolo rispose: «Sire, di cortesia posso io molto piú voi lodare che voi me, con ciò sia cosa che io oggi per la vostra cortesia la vita n’abbia guadagnata».

Le parole in diversi ragionamenti tra costoro moltiplicarono, e il giorno se ne andò, per che a Filocolo, veggendo il sole che cercava l’occaso, parve di partirsi, per che egli disse: «Signor mio, e’ si fa tardi, e d’essere nella cittá mi conten-