Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/483

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libro quinto 479

s’ingegnava di servare l’amore mio verso di lui, e per quelli tentava sovente di volere quel diletto il quale egli avuto di Climene, piú oltre non la richiese. Ma io, piú provida delle cose che deono avvenire di lui, essendo egli ancora del tutto dal mio cor lontano, ben che altro disiderio che di lui avere non mostrassi, con belle ragioni e con impromesse prolungando le dimandate grazie, il tirai lungo tempo, quelle altrui concedendo perché piú m’era a grado. Egli forse di se medesimo ingannato, mi si credeva per la sua bellezza piú ch’altro piacere: ma non solamente sotto quella si ristringono l’amorose leggi. Questo gli recitò Venere, conscia, sí come io aveva voluto, di lei fidandomi de’ miei segreti, e insegnogli il luogo degli amorosi furti, il quale egli dalla somma altezza vide: per che quasi di grieve dolore turbato piú giorni luce non porse; ma la mancante natura supplicando a Giove, si dice che nell’usato oficio il fece tornare: né mai da quell’ora inanzi con diritto occhio non mi guardò, anzi passando avanti a me traverso, quasi sdegnoso ancora mi guarda, di che io poco mi curo. Ora poi che cosí colui che ha voce di tutte le cose vedere fu da me gabbato per senno, che si faria degli altri iddii che tanto non veggono? Credibile è che molto peggio se ne farebbe e fa, per che a me pare che se noi non sopra loro meritiamo, almeno loro pari reputare, senza alcuna ingiuria di loro, ci possiamo: e se l’avviso mio non manca, possibile ci fia levare la falsa fama che gli chiama iddii, e porla a noi; né fia chi il contradica, solo che della nostra grazia vogliamo far degni i disianti di quella’.

Risero delle parole di costei le stolte compagne; dopo alquanto la quarta di loro, chiamata Annavoi, disse: ‛Perché in tante parole ci distendiamo? Veramente in tutti né potenza né senno, né bellezza dimora: e ancora piú, essi, detti misericordiosi da tutti i viventi, di quella misericordia niente hanno. Pietá niuna in loro si trova: in loro si trovano tirannie; essi usurpatori sono dell’altrui cose. E che feci io in dispetto di Diana, la quale vendicatrice dea è chiamata? Non le tolsi io con la mia bellezza e con la forza della mia lingua, delle